Ci salverà il “mare a quadretti” d’inverno. Già, proprio quello che è venuto a mancare in quest’anno orribile per la risicoltura italiana, travagliata dalla siccità. C’è giàò chi pensa di archiviare il 2022 e guardare al 2023. Ma se si ripetessero le condizioni avverse, con scarse piogge, saremmo di nuovo alle prese con il problema dell’irrigazione. Come evitare tutto ciò? L’auspicio è che le istituzioni, il nuovo Governo, possano in qualche modo far fronte con la costruzione di invasi e bacini di raccolta delle acque piovane, se ci saranno. Ma il tempo è risicato, impensabile che da qui alla prossima primavera le strutture – anche volendo – possano essere realizzate. E allora? Occorre ripristinare e alzare la falda ricorrendo anche alla sommersione invernale. Non è una soluzione radicale, ma sicuramente una ricetta per guarire almeno in parte la risaia che ha vissuto in questo 2022 una delle annate più terribili da sessant’anni a questa parte. Roberto Magnaghi, direttore generale di Ente Nazionale Risi, indica questa strada come l’unica, più prossima, e percorribile. Perché è utopia che le soluzioni possano arrivare dall’esterno: “Dobbiamo trovarle al nostro interno, unendo le idee e gli sforzi della filiera risicola italiana per difendere il nostro made in Italy ed evitare che il patrimonio vada perduto. Dobbiamo impossessarci del mercato e non lasciarlo ad altri. La sommersione invernale è una pratica agronomica tra l’altro incentivata con i fondi del Psr. E’ l’unico modo per alimentare e rimpinguare la falda, un accorgimento che tornerà utile. E in primavera, intensifichiamo la sommersione tradizionale delle risaie”.
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