di Enrico Villa
In Italia – precisano le statistiche – pro capite si consumano circa 60 litri di latte. Il consumo in Germania e in Usa è di 100 litri per persona. In ogni caso, da molto tempo ormai, il latte in tutte le sue forme alimentari e dietetiche è utilizzato grandemente per bambini e per persone della terza età. Il latte in polvere per i bimbi ultimamente nei consumi – sempre stando alle statistiche – è cresciuto di circa il 40/45% non dando luogo ad inconvenienti accertati e spiegati scientificamente.
Inoltre, il latte vaccino continua ad essere uno degli alimenti di base, fondamentale per l’industria casearia che – valutazione recente di Coldiretti – assicura in Italia il lavoro a 36.000 stalle e 180.000 persone. Nel pieno della calda estate 2015, la Comunità Europea ha intimato al nostro Paese di mettere da parte la Legge 11 aprile 1974, n. 138 che vieta il latte in polvere quale ingrediente di base per i formaggi i quali, con l’opposizione dei ministri dell’agricoltura e dell’ambiente, dovrebbero diversamente essere prodotti. Dunque, sì formaggi, ma anche con polvere di latte liofilizzato, non formaggio secondo la tradizione millenaria dell’artigianato e dell’industria casearia. Contro, la reazione dell’agricoltura nazionale (in particolare di Coldiretti che ha manifestato davanti a Montecitorio) la quale ha invitato i consumatori a un referendum per tutelare la Legge 138. Nella speranza, dunque, ancora formaggio, di cui gli italiani sono grandi consumatori, ottenuti semplicemente dalle cagliate.
L’atteggiamento a favore della legge che vieta il latte in polvere per le produzioni casearie e per la crisi attuale delle zootecnia, è stato rafforzato il 29 maggio scorso dalla giornata per i latte con lo slogan we are milk.
La polemica dei vegani
Il 23 settembre 1915, in piena polemica suscitata dalle pretese comunitarie sul latte in polvere e sulla difesa degli allevamenti nazionali, la trasmissione settimanale Porta a Porta di Bruno Vespa ha affrontato il problema del consumo dietetico della carne e del latte, considerando lo spunto fornito dai movimenti vegani (cibo di sola origine non animale) cui in Italia apparterebbero 4 milioni di persone. La trasmissione, su cui nessuna istituzione nazionale ha preso posizione, ha lasciato l’impressione che si sia trattato di una operazione di lobbing a sostegno delle tesi comunitarie contro la legge 138 e favorevole al latte in polvere, da utilizzare sempre. Infatti, il medico dietologo Giorgio Calabrese, in modo scientificamente corretto ha illustrato le virtù del latte vaccino utilizzato da secoli per tutte le età e per produrre i formaggi, ricchi di calcio. A Calabrese – l’atteggiamento è stato definito terroristico – si è opposto il medico pediatra Leonardo Pinelli. Pinelli ha attribuito al latte vaccino severe controindicazioni nella pediatria, tanto da affermare che lo stesso latte farebbe male ai bambini che lo consumano in famiglia e nelle mense scolastiche. A questo presunto pericolo, se ne aggiungerebbero altri. Alcuni dietologi insistono sulla trasmigrazione alle persone degli effetti dei pesticidi e fitofarmaci le cui tracce sono state lasciate nel foraggio e passate al latte – e alla carne – attraverso i bovini. Inutile annotare che, secondo la scienza ufficiale, non esistono prove di questo tipo e che affermazioni del genere danneggiano sia l’agricoltura sia l’industria di trasformazione.
Il contributo dell’ingegneria alimentare
Le tesi veganiane – dibattute da anni in sede filosofica e sociologica, a Porta a Porta e in diverse pubblicazioni sul web – hanno trascurato i vegetali da cui trarre il latte che in Italia, in Europa e negli USA stanno moltiplicandosi grazie alle applicazioni grazie alla ingegneria alimentari. Fino a poco fa, le installazioni riguardavano soprattutto il caffè, le bibite e le acque minerali, lo scatolame per conservare carne e prodotti agricoli. Poi ha preso più piede il latte (quello in polvere, brevettato fin dal 1847) tratto dal riso, oltre a quello di olio, più leggero, ricavato dal cereale. Non solo riso a disposizione, bensì soja e anche avena e mandorle. Tutti questi latti, poveri di grassi e come il latte di riso altamente energetico e digeribile, non contengono colesterolo e altri componenti, spauracchio della dietologia moderna. In più il latte di riso, simile nelle componenti a quello vaccino, secondo le tabelle dietetiche più affermate, contengono grassi polinsaturi, fibre e calcio ugualmente come il latte vaccino consumato ogni mattina. Le marche più affermate nella lavorazione del riso, si sono messe da tempo a produrre latte affiancandolo a quello di mucca, aggiungendolo all’olio di riso, tratto dal germoglio e dai residui (pula) dopo la sbramatura. Il riso, cultura assai importante nella area padana (Vercelli, Novara, Pavia, Casale, Ferrara, Oristano) dove stanno sorgendo industrie specializzate, si sta affiancando al latte vaccino che necessita di un sostegno, non di un presunto asserito terrorismo propagato incautamente da popolari trasmissioni televisive.
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