di Gianfranco Quaglia
Il gorgonzola spopola, conquista mercati sino a qualche anno fa ritenuti impensabili, non solo all’estero. Anche in Italia, facendo breccia nella aree di consumatori multietnici che per ragioni confessionali non potrebbero gustare prodotti ottenuti con alimenti-base provenienti da bovini allevati o uccisi secondo metodi tradizionali. Uno dei fondamentali per produrre l’erborinato più famoso nel mondo è il caglio animale, che si estrae dallo stomaco dei bovini una volta uccisi per macellarli. Ma la dottrina Halal (che fa capo al mondo musulmano) impedisce di accostarsi a un formaggio frutto di un caglio derivato da un animale il cui allevamento e la macellazione non hanno osservato tutti i parametri previsti dal Corano. Ed ecco che l’industria casearia italiana ripensa alcuni prodotti tradizionali in chiave multiconfessionale. Sta già avvenendo da qualche anno con il Kosher per consentire ai consumatori delle Comunità ebraiche di accedere a questa linea di formaggi.
A Expo era stato presentato il primo Parmigiano Reggiano Kosher.
Ora è la volta dell’Halal per il gorgonzola di cui si è parlato nei giorni scorsi al Cibus di Parma. Nello stand dell’azienda Igor di Fabio Leonardi campeggiava un vistoso cartello con il marchio Halal Quality Cert: entro l’estate dovrebbe essere riconosciuta la certificazione da parte dlela Halal International Authority, che garantisce l’effettiva osservanza delle regole. Quindi le forme di gorgonzola stagionate e pronte alla vendita saranno immesse sui mercati della vasta fascia di consumatori appartenenti alla religione musulmana.
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