L’allargamento dell’Unione Europea a 28 membri doveva essere una grande opportunità per il riso Made in Italy che avrebbe dovuto fruire di nuovi mercati. E così è stato per qualche anno, tanto che la superficie media risicola in Italia era passata da 170 mila ettari a 247 mila. Sino a quando gli effetti della globalizzazione, meglio gli accordi firmati con i Paesi cosiddetti meno avanzati che hanno consentito di esportare in Ue prodotto concorrenziale (leggi Indica) hanno invertito la tendenza e quelle opportunità si sono rivelate una negatività. Ai consumatori dell’Est e Nord Europa è arrivato riso proveniente da Cambogia e Myanmar, più competitivo siotto il profilo dei prezzi e dei costi per le industrie di trasformazione. E così quei mercati che erano ritenuti terra promessa per i nostri risicoltori sono diventati appannaggio degli altri. Di questa metamorfosi, che ha mandato in crisi il settore Made in Italy, ha parlato il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà, all’Accademia dell’Agricoltura di Torino. Aggiungendo che non c’è mai fine al peggio: all’orizzonte si profilano infatti nuovi accordi, alcuni già in itinere (con il Vietnam), altri in arrivo (con i Paesi del cosiddetto Mercosur in Sudamerica). Tutti orientati a concessioni che aumenterebbero l’afflusso di prodotto concorrenziale.
Le prossime settimane potrebbero rivelarsi cruciali per chi è convinto che l’applicazione della clausola di salvaguardia, scudo contro le importazioni, risolverà il problema. La Commissione europea ha dato avvio all’indagine che dovrebbe portare a una decisone: lasciare le cose come stanno (cioè il permanere delle concessioni daziarie), ripristinare in tutto o in parte le tariffe doganali. L’inchiesta è conseguente alla forte pressione che la filiera risicola, Ente Risi e Governo italiano hanno esercitato da mesi su Bruxelles. Alla fine l’UE ha preso in mano il fascicolo e vuole vederci chiaro, appurare se e in quale misura le importazioni dal Sudest asiatico hanno danneggiato le aziende risicole. Andando alle origini del problema, cioè nelle stesse aziende. Sarà un sondaggio a campione in base a sorteggio: cinque le imprese italiane scelte, tre le industrie di trasformazione; a queste si aggiungono un’azienda agricola e una riseria spagnola. I servizi della Commissione in arrivo da Bruxelles le metteranno sotto la lente per verificare, attraverso il confronto dei fatturati annui, l’effettivo e progressivo calo, indice del danno diretto subito a causa della concorrenza. L’inchiesta riguarderà anche alcune imprese cambogiane e gli importatori. Alla fine del 2018, si presume, il verdetto.
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