Mi brevetto il nome a Bruxelles, ne faccio un marchio, poi lo utilizzo per la mia attività. E guai a chi lo tocca. Così deve aver pensato il signor Marco Carnaroli, domiciliato a Milano: senza volerlo ha causato un brivido estivo al mondo della risicoltura e in particolare all’Ente Nazionale Risi, che tutela il settore cui fanno capo oltre quattromila aziende produttrici e decine di riserie trasformatrici. Mister Carnaroli, che non è un agricoltore e si occupa di tutt’altro, forse non era neppure a conoscenza che il suo cognome corrisponde a quello della famosa varietà di riso, ricercata da chef e gourmet perché rappresenta la punta di diamante della risicoltura Made in Italy. E così la sua richiesta inoltrata all’Euipo (European Union Intellectual Property Office), ufficio comunitario per la proprietà intellettuale che ogni anno registra circa 135 mila marchi, era stata considerata ricevibile e accolta. Quindi inserita nella lunga lista.
Il tutto sarebbe passato in cavalleria, come racconta Roberto Magnaghi, direttore generale dell’Ente Nazionale Risi, e probabilmente avrebbe impedito agli agricoltori che utilizzano le sementi e coltivano il Carnaroli dal 1945 (anno di selezione della varietà probabilmente dedicata al cognome dell’ibridatore che l’aveva ottenuta) di proseguire con la denominazione. Infatti il Carnaroli che finisce nel piatto non ha mai ottenuto un brevetto, in quanto la nascita è troppo antecedente all’entrata in vigore dell’Euipo (anno 1994) che invece può accogliere le richieste dopo quella data. L’omonimia avrebbe garantito al Signor Carnaroli di fregiarsi del marchio e costretto chi produce, trasforma e confeziona il riso a venderlo in modo anonimo. Per fortuna un gruppo di risicoltori di Pavia, che sta realizzando un progetto di valorizzazione del riso Carnaroli, molto coltivato in Lomellina, facendo una ricerca sul nome ha incrociato per caso la registrazione del marchio di Bruxelles. Da lì è stata promossa l’azione legale da parte dell’Ente Nazionale Risi e una corsa contro il tempo che ha portato l’ufficio europeo a tornare sui suoi passi, cancellare la registrazione e rigettare il ricorso che Carnaroli aveva presentato. Sventato in corsa lo scippo, rimangono comunque alcune considerazioni cui non rinuncia il direttore dell’Ente Risi: la facilità con cui i funzionari dell’Euipo hanno accolto la richiesta del brevetto, senza peritarsi di approfondire una ricerca sull’esistenza del nome Carnaroli. Ma a Bruxelles, dove il riso arriva nei piatti importato dal Sudest asiatico, il Carnaroli deve essere apparso come un nome insignificante, non evocativo di quel blasone di cui gode invece, soltanto e non per tutti, in Italia.
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