I selvatici e gli incidenti stradali: 7 mila solo in Piemonte

I selvatici e gli incidenti stradali: 7 mila solo in Piemonte

di Enrico Villa

L’Ispra, istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, accennando anche alla nuova legge sulla caccia in Piemonte, varata il 12 giugno scorso, ha ricordato la Convenzione di Washington avviata nel 1963, promulgata negli anni Settanta con una serie di emendamenti riguardanti una settantina di stati i quali volontariamente la devono rispettate. In Italia la convenzione è stata ratificata con la legge n. 874 del 19/12/1975 e disciplinata in Europa Comunitaria con il regolamento CE 338/97 che è più conosciuta come Cities ovvero sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione.

Questo, in termini meno burocratici, significa che il pubblico deve avere a cuore l’equilibrio di piante e di animali con un minimo rispetto che rischiano la sparizione biologica. E che, quindi, l’ambiente ne subirà un danno rilevante a causa del blocco della riproduzione la quale, in Natura funziona come un perfetto orologio, però insidiato dai comportamenti dell’uomo nonché dall’uso dei ritrovati della tecnologia e della chimica, fitofarmaci in particolare.

La premessa giuridico-scientifica è culturalmente stata considerata nel varo delle nuove leggi sull’esercizio venatorio predisposte da diverse regioni del nostro Paese. Fra queste, la legge regionale sulla caccia, promulgata dopo ben sei anni di dibattiti il 12 giugno scorso dal Consiglio Regionale Piemontese su proposta del presidente Sergio Chiamparino nonché di Giorgio Ferrero, assessore regionale all’agricoltura. Questa legge – ha annotato Ferrero – non fa scelte pro o contro la caccia, non intende penalizzare nessuno bensì governare con buon senso tentando di dare risposte ai problemi che le nuove sensibilità e la proliferazione incontrollata di alcune specie sta ponendo ai cittadini e ai territori piemontesi. E Ferrero ha così proseguito: E’ anche una legge innovativa, poiché coniuga la tutela della fauna con l’attività venatoria aggiornandola ai nuovi scenario che si sono determinati con il proliferare della fauna selvatica dannosa non solo alle coltivazioni ma anche alla incolumità dei cittadini, penso ai cinghiali e ai caprioli.

Coerente con la convenzione di Washington, la nuova legge piemontese sulla caccia fissa quindici specie in effetti assolutamente protette, la tutela dei fondi coltivati e con divieto di ingresso da parte delle doppiette, divieto dell’esercizio venatorio per tutte le domeniche di settembre in modo che – osserva l’assessore Ferrero- permetterà ai cittadini di frequentare con meno paure boschi e prati e garantisce ai cacciatori la possibilità di esercitare l’attività venatoria.

Il regolamento delle quote di abbattimento esclude i limiti per l’eliminazione attraverso la caccia dei cinghiali e dei caprioli, due specie disastrose per le coltivazioni. Per la rifusione dei danni, di competenza della Regione Piemontese tenuta a considerare la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato, l’Ambulatorio Veterinari Associato ha reso noti alcuni calcoli affiancati a quelli della istituzione regionale nonché delle associazioni professionali le quali, negli ultimi tempi, hanno preso posizioni talvolta veementi anche nei confronti dei lupi e dello sciacallo dorato (canis aureus) espatriato nelle nostre alpi dalla Bulgaria e, di frequente, scambiato per un lupo o per un pericoloso cane randagio. Secondo l’Ambulatorio Veterinario Associato il cinghiale in crescita provoca danni a circa il 69% sommovendo il terreno appena seminato, i cervidi il 3% rosicchiando le viti e le cortecce delle foreste, i roditori in genere il 5%, l’avifauna il 17%, i piccoli roditori il 3%, la nutria l’1%. Sempre stando all’Ambulatorio Veterinario, per adesso non sono per nulla protette quattro specie: topi, talpe, ratti, roditori di campagna. Tuttavia, come è segnalato dagli operatori risicoli, le talpe e alcune specie di ratti aquatici con i loro cunicoli compromettono sistematicamente gli argini che, così, devono poi essere riparati o rifatti.

Facendo un calcolo sulla “pericolosità” e sul danno alle colture dei selvatici al primo posto in questo momento con molta pioggia e che favorisce tante ghiande nei boschi, va collocato il cinghiale (sus scrofa). In base ad un censimento del 2005 in Italia i cosiddetti suini selvatici, conseguenza di ibridazione che stanno colonizzando anche le periferie urbane, sono circa 600 mila. Anche per la loro mole, pericolosa per la viabilità, sono i cervidi, oltre 30 mila cui appartengono i caprioli (capreolus capreolus) circa 500 mila e divoratori di vigne e cortecce, il cervo (cervus elaphus) diffuso nelle Alpi, il daino (dama dama) nonché fra gli ovidi il muflone (ovis aries) diffuso in Sardegna, lo Stambecco (capra ibex), il camoscio alpino (rupicapra rubicapra) che vive solitario in alta montagna, il camoscio appenninico (rupicapra pyrenaica), in Abruzzo e nei parchi nazionali.

selvaticiQuando uno di questi animali di taglia media o grande si para davanti a un’auto, in genere sono guai. Il Codice della Strada fa obbligo di fermarsi e, se è il caso, di soccorre l’animale al cui benessere è tenuto l’investitore. In caso contrario, si integra il reato di omissione di soccorso, secondo il vecchio articolo 89 del Codice della Strada poi modificato dalla legge 120/10. A causa dei selvatici, negli ultimi sei anni in Piemonte ci sono stati 7000 incidenti stradali documentati dalle forze dell’ordine, con il coinvolgimento del capriolo intorno al 48% e il cinghiale intorno al 40,8%. La Regione Piemonte indennizza le cose, ossia per esempio i danni alle automobili e non alle persone, che tuttavia sono ugualmente tenute al soccorso o alla segnalazione. In ogni caso i selvatici vaganti sono segnalati con cartelli e catarinfrangenti a luce verde, come in Valle d’Aosta.

 

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