di Gianfranco Quaglia
È il vino o la birra la bevanda preferita dalla generazione 2.0? Risposta scontata, se si considera che i consumi di vino sono in caduta libera. Ed è già prevedibile la risposta se proiettata alla generazione 4.0, quella in arrivo, ancora più tecnologica e digitale, tutta “touch screen”, mordi e fuggi, drink da happy hour, bevi e vai.
Ecco perché non era così indiscusso che il vino, proprio lui, uscisse vincitore dal 70° Congresso degli enologi enotecnici italiani, che si è svolto a Castallaneta Marina (Taranto). Il settore, con il presidente Riccardo Cotarella e il direttore generale Giuseppe Martelli, avrebbe potuto scegliere temi autoreferenziali e autocelebrativi. Ha preferito puntare su confronto e trasparenza, per evidenziare limiti e potenzialità di un comparto bandiera dell’agroalimentare Made in Italy, consapevole delle difficoltà non più dietro l’angolo ma di fronte: a cominciare dall’export, dove l’Italia controbilancia le perdite dovute al calo dei consumi domestici, continua a tirare, ma deve difendersi dalla Spagna, oggi primo produttore europeo, pronta a contendere spazi di mercato. Ecco perché è necessario guardare oltre, anzi a casa propria, per impostare una campagna culturale che conquisti nuove e future generazioni.
Non si discute sull’eccellenza del prodotto italiano, ma dal congresso è emerso che urge un salto di qualità soprattutto sotto il profilo della comunicazione: fare, saper fare, ma anche far sapere. Insomma il vino ha ancora molti spazi da conquistare, proprio fra i giovani. La sostenibilità e l’aspetto salutistico sono elementi da giocare a tutto campo, con il vino momento centrale della dieta mediterranea e anche al centro di Expo 2015, con un padiglione tutto suo dove storia, cultura e significati dell’enologia mondiale sono rappresentati attraverso un percorso vivo e tecnologico.
Tutti d’accordo sui benefici effetti del consumo moderato. Nel dettaglio: due bicchieri al giorno – come ricorda il cardiologo Vincenzo Montemurro – possono avere una ricaduta positiva cardio-vasculo-protettiva, tanto da prescriverli anche a pazienti post-infartuati. Giorgio Calabrese, docente di alimentazione umana e famoso dietologo: “Ci sono ancora molte sacche di resistenza dovute all’impreparazione e ai pregiudizi: in realtà Il vino contiene solo il 12 per cento di alcol”. Enzo Grossi, gastroenterologo: “Il vino esercita un effetto positivo sulla longevità, riducendo quasi del 50% il rischio di mortalità”.
Ma non basta tutto ciò per pensare che il vino ha un passaporto sicuro tra i giovani consumatori. Occorre rivedere l’approccio, come stigmatizzano alcuni grandi chef stellati. Niko Romito, del “Reale” di Castel di Sangro (L’Aquila), indica una strada nuova da percorrere: “Il 95% dei miei clienti non chiede più la bottiglia ma il vino a bicchiere. Ciò può essere anche un vantaggio, c’è maggior possibilità di diversificare, far conoscere i produttori e il territorio”. Un consumatore più attento, che nel bicchiere cerca non solo gusto, ma anche cultura e storia. E che merita ancora più attenzione e rispetto, soprattutto sotto il profilo del prezzo. Perché – come dice Oliver Glowig, chef stellato dell’Aldrovandi Villa Borghese di Roma, “attenti ai ricarichi. Il cliente oggi va a tavola con lo smartphone e nel giro di pochi secondi consulta la tracciabilità di quel prodotto, andando sino alle origini e all’enoteca di provenienza”
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