di Enrico Villa
In Italia il consumo della carne, anche quella trasformata, rischia di diminuire. Questa tendenza è prevista dalle analisi di istituzioni che seguono l’export a livello globale. La causa di questa tendenza, sia pure in prospettiva, nelle ultime settimane è stata prevista dalle categorie agricole italiane e comunitarie in relazione alla presunta guerra dei dazi fra gli Stati Uniti e la Cina dove gli USA importano soia. Di fronte al provvedimento statunitense di gravare di balzelli aggiuntivi il traffico commerciale di acciaio e alluminio importante per la Cina in grande espansione, le autorità di Pechino hanno avvertito che i dazi saranno istituiti almeno per centocinquanta/duecento prodotti i quali, fabbricati negli USA, avevano come meta commerciale l’immenso mercato cinese, costituito da oltre un miliardo e mezzo di individui con un tenore di vita migliorato rispetto ad anni fa.
Non solo. Nell’ambito globale gli equilibri mercantili sono più instabili che in passato, a causa delle sanzioni deliberate dalla UE nei confronti della Federazione Russa a causa della guerra guerreggiata in Ucraina e l’annessione con referendum della Crimea. La penisola è rilevante da un punto di vista vitivinicolo a cui lo stato ucraino potrebbe trovarsi nella negativa condizione di rinunciare a vantaggio della vicina Russia. Intanto, come ha annotato Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti, la mancanza di prodotti made in Italy che dalla Italia raggiungevano la Federazione Russa avrebbero spinto gli operatori industriali e commerciali di questa ultima a inventare sostituti locali di formaggi, vini e altro. Il danno, secondo una analisi, sarebbe proprio la futura possibilità di aggravarsi se gli USA, come ha minacciato il loro presidente Trump, ricorresse ad altri dazi, con l’alterazione residua degli equilibri commerciali nel mondo. Per esempio, l’ortofrutta italiana destinata alla Federazione Russa rimarrebbe invenduta nei nostri depositi con un evidente danno per il nostro settore primario. Inoltre – è un altro esempio – i prodotti made in Italy sempre più graditi all’Est dell’Europa perderebbero di valore, sostituiti localmente in tutta fretta da formaggi e da insaccati con nomi improbabili di fantasia.
Il timore delle categorie agricole per quello che potrebbe accadere in conseguenza della guerra per i dazi che, in realtà, riguardano aree apparentemente lontane dall’Europa, tuttavia non ignorando la Gran Bretagna e le conseguenze della Brexit, è per ora suscitato da un inquietante campanello d’allarme: il prezzo della soia che tende a variare. In Europa arriverebbe soia ogm la cui coltivazione è vietata in Italia anche se esiste già una liberatoria della Corte di Giustizia di Strasburgo riguardante la provincia di Treviso e gli agricoltori Silvano Dalla Libera e Giorgio Fidenato. Questa stessa liberatoria, conseguenza di una guerra di anni per coltivate mais e soia ogm, è relativa agli alimenti zootecnici senza i quali il comparto italiano e francese, ad alta specializzazione, potrebbe subire un crollo. E lo stesso potrebbe accadere per il consumo di carne, sia fresca che trasformata e immessa sul mercato. Gli ultimi sondaggi in ordine di tempo segnalano che il consumatore italiano ha diminuito il ricorso alla carne per diversi motivi: carne rossa poi non più incolpata dalla Sanità nazionale, carne trasformata sia di bovino che di suino su cui l’Istituto per la lotta alle manifestazioni tumorali e l’organizzazione mondiale della Sanità hanno portato la loro attenzione. In ogni caso, adesso gli italiani secondo una valutazione statistica si nutrirebbero pro-capite di 130 chilogrammi di carne. La instabilità commerciale dovuta ai dazi, sempre secondo il presidente di Coldiretti, solleciterà l’aumento del prezzo sia del mais che della soia. A giudizio di alcuni analisti, il fenomeno delle quotazioni più elevate potrebbe essere ottenuto con raccolti ogm con medie produttive più abbondanti che favorirebbero sia gli USA, alcuni paesi europei e la Cina. La situazione che si sta profilando è certificata da diverse istituzioni che così evidenziano: l’aumento del prezzo mondiale della carne potrebbe essere il primo effetto sui consumatori della guerra dei dazi che si allarga alla soia, la prima voce delle esportazioni agricole statunitensi verso la Cina con un controvalore di oltre 12 miliardi di dollari nel 2017.
Non soltanto, aggiunge in una sua nota Coldiretti: La soia è uno dei prodotti agricoli più coltivati nel mondo, largamente usato per l’alimentazione degli animali da allevamento, con gli USA che si contendono con il Brasile il primato globale nei raccolti seguiti, sul podio, dell’Argentina per un totale dell’80% dei raccolti mondiali. La previsione di squilibrio potrebbe anche riguardare il nostro paese, primo produttore europeo con il 50% della soia, con un raccolto superiore a quello della Francia. In gioco potrebbe essere il comparto nel suo assieme, come emerge dalle cifre considerate da una analisi effettuata nello scorso mese di marzo dalla Cia. La zootecnia italiana, dalla quale vengono le bistecche che noi consumiamo, ha un peso economico-finanziario di 16,3 miliardi di euro, dal quale dipende l’equilibrio di circa 200 mila aziende che con 31.200 imprese detentrici di dop e igp garantiscono al mercato dei consumi la qualità. Ogni anno il comparto mette a disposizione carne per 10 miliardi di euro nelle percentuali seguenti: bovine il 31%, suine il 28%, pollame il 28, ovine e caprine il 2%. Anche la Cia, che ha verificato i suoi calcoli sui dati Istat, rileva che in Italia nel periodo 2000/2013, i consumi pro capite di carne bovina sono diminuiti del 25%, per cui vi sarebbe stato un leggero aumento per le carni avicole (19,9%), ovicaprine (1%), suine (36,2%), inoltre bovine (17,6%).
Il riscontro di una presunta maggior disaffezione per i piatti di carne, si è avuta nella spesa per gli approvvigionamenti e nei consumi: 98 euro per gli acquisti, cioè soltanto il 4% per riempire la sporta e, in tutto, pro-capite in media di 74,7 chilogrammi nell’ultimo anno. Una compensazione è venuta dalle esportazioni che negli ultimi dieci anni sono salite del 74% circa e hanno riguardato Germania (20%), Francia (13%), Regno Unito (7%). La guerra dei dazi, che potrebbe trasformarsi in guerra della soia e del mais potrebbe ancora più deprimere questo quadro allarmistico, tracciato da Coldiretti e da Cia. Forse in Europa sarebbe tutto meno difficile se le organizzazioni agricole finalmente ottenessero dalla Unione Europea un sistema armonizzato con regole precise sui cibi, carne compresa, e sugli standard di produzione, così come auspica Roberto Moncalvo.
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