“Green deal”, “Farm to fork”, “Pac”. Su queste tre sigle si gioca il futuro dell’agricoltura italiana. La nuova Pac (Politica agricola comune) tiene conto delle prime due e ne sarà condizionata dal 1° gennaio 2022 al 2027. Sullo sfondo le linee guida di Bruxelles, fortemente ispirate da sostenibilità, difesa dell’ambiente e riduzione dell’input chimico a favore di coltivazioni più indenni e biologiche. Il tutto da raggiungere con un nuovo assetto che impatterà sulle aziende di tutta Europa, in particolare su quelle italiane. Traduzione: l’accordo raggiunto dal Trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione europei) prevede un taglio netto del budget riservato dall’UE al settore primario (circa il 31,96 per cento con una disponibilità di 386,6 miliardi di euro per 7 milioni di aziende, contro una quota del 66% degli anni Ottanta). Sono sufficienti questi numeri per comprendere il divario e la disponibilità che si abbatterà come una scure sui bilanci delle aziende.
Si scrive Pac, si legge aiuti diretti alle aziende. Che saranno strette in una morsa: diminuzione dei contributi da una parte e difficoltà dall’altra per osservare le regole previste dai cosiddetti ecoschemi. Su questo difficile esercizio d’equilibrio ha tenuto una “Lectio magistralis” Vittorio Viora di Bastide, all’Accademia dell’Agricoltura di Torino, di cui è vicepresidente. Le sue parole sono risuonate con il tono dello sconforto, ma anche del realismo, nell’ampia sala della Reggia di Venaria, dove si è svolta l’inaugurazione dell’anno accademico con il presidente Enrico Gennaro. “L’Italia – dice Viora – perde sei miliardi rispetto alla precedente Pac. I pagamenti diretti agli agricoltori assorbiranno anche quelli previsti per il greening ( di cui sin qui ha usufruito ad esempio il comparto riso) e saranno ricalcolati al ribasso”.
E già si prospettano scenari negativi. L’Europa verde è oggetto di uno studio del Dipartimento dell’agricoltura Usa che ha previsto una dimunizione del 20 per cento delle colture cerealicole, con una lievitazione dei prezzi. A sua volta l’Ente Nazionale Risi ha commissionato un altro studio a Nomisma sugli effetti che produrrà la Pac. Il presidente Paolo Carrà: “Dalla simulazione sull’impatto emerge che cinque regioni, Piemonte, Lombardia, Veneto, Puglia e Calabria, saranno penalizzate. Per i risicoltori è stato calcolato che il taglio del contributo a ettaro può arrivare sino a 500 euro. Una riduzione che sarebbe devastante per i bilanci aziendali. Abbiamo avuto un incontro con il Ministero Politiche Agricole per illustrare questa situazione e chiedere un intervento immediato”.
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