«Senza sistema non riusciremo a vincere la sfida del riso made in Italy. E per sistema intendo maggiore coesione fra i produttori, non necessariamente la cooperazione. Basterebbe una concentrazione del prodotto che metta in condizione il settore produttivo di avere pochi inerlocutori con l’industria, cioè la trasformazione». Secondo Scanavino, presidente nazionale Cia, interviene così al convegno organizzato al Centro ricerche Ente nazionale Risi sulla programmazione delle semine e la risicoltura di fronte alla crisi del mercato globale. E aggiunge: «Il tema dell’import deve farci riflettere sulla riorganizzazione del sistema. Ad esempio occorre rinvigorire l’Ente Nazionale Risi, deve diventare luogo dell’interprofessione che governa la promozione in concerto con l’industria. Occorre colpire il target giusto e io penso che in questo senso il riso italiano deba evocare il risotto».
Sullo sfondo le scelte da parte dei risicoltori che dovrebero orientare le proprie semine a seconda delle richieste del mercato. Mario Francese, presidente di Airi (Associazione industrie risiere italiane) è categorico: «E’ indispensabile che la strategia sia condivisa, l’Europa ci chiede più riso Indica, quindi gli agircoltori dovrebbero dedicare più superfici a queste varietà: da 35 mila ettari dell’ultima annata dovremmpo passare almeno a 60-65 mila ettari. Il fatto è che proprio l’Indica entra in Europa dai Paesi meno avanzati e a prezzi più competitivi. Quindi il problema è a Bruxelles, è ndispensabile che la politica si faccia carico e blocchi l’invasione di riso straniero. Ogni volta che vado a Bruxelles ho una reazione di rabbia e sconforto: mi rendo conto che la direzione della Commissione Agricoltura è sempre più tedesco-dipendente».
Roberto Magnaghi, direttore Ente Risi, ha messo l’accento sull’impressionante valanga di riso da importazione che sta entrando in Europa a dazio zero. Un import inarrestabile. «E dire – ha aggiunto – che la Commissione europea mesi fa ha sostenuto che il riso è prodotto sensibile. Così ci rassicurò il commissario europeo al commercio, Cecilia Malmstrom. Come dire: stai sereno, ma subito dopo è arrivato l’accordo Ue-Vietnam per l’arrivo di altro riso».
Sulla contrazione demografica delle aziende e dell’accorpamento ha parlato Cinzia Mainini (Università del Piemonote orientale). Un appello a cambiare strategia da Giovanni Daghetta, presidente Cia Lombardia: «Se non ci organizziamo diversamente rischiamo di tagliarci le mani. Dobbiamo cominciare a darci regole e operare a più stretto contatto con industrie di trasformazione, cambiamo le nostre abitudini. esistono già esempi positivi di collaborazione con l’industria, come i contratti di coltivazione».
Manrico Brustia, presidente Cia Novara-Vercelli-Verbano Cusio Ossola: «Purtroppo siamo individualisti, ma ogni settore della filiera deve fare la sua parte. I contratti di coltivazione hanno un peso, ma non si può andare sotto i nostri costi di produzione. Proprio sui contratti di coltivazione mi aspetto una risposta dall’industria». Il convegno è stato moderato da Gioacchino Garofoli (Università Insubria).
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