di Gianfranco Quaglia
Giorgio Ferrero, astigiano, è il nuovo assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte. Un «addetto ai lavori» in quanto anni fa è stato alla presidenza regionale di Coldiretti. Nell’attriburgli la delega, il governatore Sergio Chiamparino ha tenuto conto della sua specificità, della professionalità e della sua conoscenza del monto rurale piemontese.
«Sono molto contento di quanto ha detto il presidente – dice l’assesore – il quale ha voluto usare un metro di misura che esalta il Piemonte, definendolo meglio della Borgogna. Sono d’accordo, la nostra regione ha tutte le carte da giocare proprio con il settore primario, che può trainare turismo, innovazione, energia, arte, cultura, territorio. Se si parte da lì si arriva a creare occupazione e stabilità».
Giorgio Ferrero sa di esser di fronte a scelte significative per il Piemonte, alla vigilia di Expo. E che le organizzazioni agricole si aspettano scelte decisive, soprattutto in riferimento ai provvedimenti attuativi del secondo pilastro Pac (Politica agricola comune) con il nuovo Piano di sviluppo rurale, che dovrà favorire gli investimenti con riguardo particolare ai giovani. «Occorre operare un investimento economico ma anche culturale – dice Ferrero – . C’è sempre stata attenzione verso le grandi aziende, ma nel frattempo hanno chiuso anche migliaia di piccole imprese agricole. Bisogna ricominciare da quelle, per trainare l’indotto, ridare speranza a chi è rimasto nei campi e investire sui giovani».
Sui malumori per la ripartizione dei fondi Pac, soprattutto da parte del mondo risicolo. «I fondi partono da Bruxelles e rappresentano lo 0,30 per cento del bilancio europeo. Dobbiamo tutti quanti lavorare in modo diverso e di più per invertire la mentalità, far capire ai burocrati e all’Unione Europea che gli aiuti alle aziende agricole non devono essere vissuti come un retaggio del passato, ma come punto di partenza per il futuro. Se non si ricomincia da questi concetti, non si inverte la mentalità, non riusciremo ad esempio a valorizzare la risaia, intesa come ecosistema, tradizione, cultura. Insomma, tutto questo mondo merita di più. Il riso, fra l’altro, sarà il simbolo dell’Expo e qui il Piemonte deve giocare un ruolo importante».
A proposito di Expo l’assessore è critico: «Stiamo attenti, perché se non gli diamo un’anima, questo evento rischia di diventare una grande fiera e perdiamo l’opportunità di far capire il valore del cibo in tutte le sue declinazioni. Occorre mandare messaggi chiari».
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