Fame di riso e spazi per il made in Italy

Sono sufficienti alcuni numeri per comprendere il paradosso del riso italiano: nell’ultima campagna appena conclusa la superficie è aumentata del 7,6%; ma la produzione è cresciuta di appena lo 0,7 e la rese sono diminuite del 6%. Commento analitico: l’offerta (complice anche l’andamento climatico che ha condizionato l’annata) non tiene il passo della domanda, che per essere soddisfatta necessita di un maggior ricorso all’importazione. Insomma, c’è fame di riso, ma nonostante ciò le 3.600 aziende produttrici non riescono a coprire tutte le opportunità che si presentano sui mercati, in Italia e all’estero. Per contrappasso, in questo momento un dato positivo arriva dalle borse risi: proprio per effetto della domanda-offerta le quotazioni sono in ascesa.

La fotografia della risaia made in Italy e delle sue prospettive è stata scattata al Centro Ricerche Ente nazionale Risi di Castello d’Agogna (PV), dove si è parlato di “Mercato, innovazione, clima: strategie per il futuro del riso italiano”, moderatore Pietro Milani, direttore di Airi (Associazione industrie risiere italiane) e interventi di esperti e ricercatori: Vittoria Brambilla (Università di Milano) su tecniche di evoluzione assistita; Arianna Di Paola (CNR) su cambiamenti climatici; Riccardo Puglisi (Università di Pavia) sul futuro dell’agricoltura nell’UE; Filippo Roda (Aretè, The Agri-Food intelligence-company) sul mercato del riso. In particolare focus su ricerca e clima, a cominciare dalle TEA, con Brambilla che ha ripercorso l’iter di un progetto tutto italiano e approvato dalla Regione Lombardia con la sperimentazione (non Ogm)  in campo, interrotta da un atto vandalico che tuttavia non è riuscito a interrompere né la procedura né i primi risultati raggiunti. Attese erano le conclusioni di Mario Francese, presidente di Airi, che ha fatto il punto sull’andamento del settore, soprattutto quello della trasformazione e dei consumi: “C’è spazio sui mercati europei per riconquistare parte del riso importato. Ma urge anche rivedere le norme relative al cereale confezionato in arrivo nell’area UE: negli ultimi dieci anni si èpassati da 40 a 470.000 tonnellate. E’ un problema che riguarda tutto il settore, non solo quello industriale. Poi c’è il tema della reciprocità e della salubrità: è cruciale ottenere deroghe ai limiti d’impiego di alcuni agrofarmaci. Ancora: dopo la drammatica esperienza della siccità di due anni fa, malgrado gli annunci, nulla è stato ancora fatto sul fronte degli interventi”.

In controtendenza rispetto alle preoccupazioni dei risicoltori sul Mercosur, l’intesa raggiunta da von der Leyen con i Paesi del Sudamerica: “Personalmente lo giudico un gesto politico considerevole perché toglie l’area alla Cina. Quanto al riso, la concessione a dazio zero è per 60 mila tonnellate, il che significa il 2,4 per cento dell’UE”.

(L’analisi del 15 dicembre 2024)

You must be logged in to post a comment Login