Tremiladuecento addetti, un fatturato di oltre 7 milioni di euro, 860 alpeggi. 36.300 mucche. Questa la radiografia della monticazione, un rito che si ripete ogni anno a giugno, con l’inalpamento delle mandrie. I numeri si riferiscono soltanto alla provincia di Torino, ma da soli sono sufficienti a sottolineare il comparto e l’importanza economica.
Una tradizione che si ripete da 5.000 anni, epoca della prima colonizzazione delle Alpi, e che segue la maturazione delle erbe alpine. La particolarità dell’economia d’alpeggio è poco conosciuta dai consumatori, eppure è alla base delle produzioni dei formaggi tipici della gastronomia piemontese dove la qualità del latte, influenzata direttamente dalle specie vegetali brucate dalle mucche, conferisce caratteristiche uniche ai formaggi.
Le aziende di allevamento bovino che salgono nelle valli utilizzando oltre 600 Km quadrati di pascoli, una superficie che equivale addirittura la 10% dell’intero territorio della Città metropolitana di Torino.
Circa la metà sono bovini da carne che trascorrono oltre 100 giorni in alpeggio. Prevale la pregiata razza piemontese. Invece, le bovine da latte in alpeggio, in una stagione, producono oltre 11 milioni di litri di latte che, nei circa 200 caseifici d’alpeggio autorizzati, vengono trasformati in oltre 80mila forme di formaggio stagionato, dove primeggia la Toma (la più celebrata è quella di Lanzo) seguita dal Plaisentif, il formaggio delle violette, dal Cevrin, dal Blu erborinato (per citare i più ricercati). A questi vanno aggiunti gli oltre 200 mila panetti da mezzo Kg di burro ricco di vitamina A, vitamina E, flavonoidi.
«L’economia d’alpeggio delle vallate torinesi – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – ha un fatturato di oltre 7 milioni di euro, ma sconta gli altissimi costi di produzione dovuti a un lavoro difficile in zone assolutamente disagiate dove spesso i formaggi si portano a valle ancora con il mulo o, nei casi migliori, con il fuoristrada; e dove, se una mucca si fa male o l’auto deve andare dal meccanico, è una mezza tragedia. Senza parlare degli attacchi dei lupi che stanno facendo rinunciare molti allevatori a portare in montagna gli ovini e i caprini. Senza l’economia d’alpeggio il territorio montano sarebbe abbandonato e sarebbe del tutto improduttivo”.
In questi giorni le mandrie pascolano le erbe fiorite a 1.000-1200 metri di quota; tra una settimana saliranno a 1.500-1800 metri, per stabilirsi, a luglio, oltre i 2.000 metri dove le erbe fioriscono in piena estate.
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