Che fine ha fatto il progetto di costituire una Igp (Indicazione geografica protetta) con denominazione <Riso Valle del Po>? La proposta risale al 2004, quando Andrea Desana, allora direttore di Coldiretti Vercelli, la lanciò raccogliendo consensi e adesioni. A distanza di tempo a rilanciarla è lo stesso Desana, oggi presidente del Comitato Casale Monferrato capitale della Doc (ma in questo caso parliamo di vini in un’area che fa parte del riconoscimento Unesco). Desana è convinto che si perse una grande occasione, ma che non tutto è perduto. Anzi, andrebbe ripescata e farne una base di partenza per rilanciare e promuovere il riso made in Italy. Desana, ancora animato dalla passione, ricorda che quella proposta era stata ufficializzata da un atto notorio, con firma di 18 soggetti diversi (produttori, mediatori, industriali, operatori del settore). Era stataindicata anche una sede provvisoria,m gli uffici dell’associazione Risicoltori Piemontesi, in via Fratelli Bandiera a Vercelli.
<Lo scopo era quello di coinvolgere le aree italiane più vocate alla risicoltura, quindi Vercelli, Novara, Pavia, Alessandria, Lodi, Milano – ricorda – per arrivare a un’azione comune che facesse partire l’iter verso quella che sarebbe stata la costituzione di una Igp del riso italiano che comprendesse alcune varietà specifiche: Arborio, Roma, Baldo, Carnaroli, Ribe, Vialone Nano, Originario,Thai-Bonnet>. Insomma un ombrello sotto il quale il made in Italy si sarebbe riconosciuto con un marchio. Il Riso della Valle del Po – aggiunge Desana – avrebbe avuto una ricaduta anche sotto il profilo del marketin all’estero. <In Usa – dice – potrebbe essere venduto come Rice Po Valley, un brand suggestivo che avrebbe richiamato immediatamentde la zone di produzione>. Era stato redatto anche un disciplinare. Trovato anche un logo stilizzato, delimitato da un quadrato nero dagli angoli arrotondati in cui dominava il logotipo Riso Valle del Po, di colore azzurro, caratterizzato dalla lettara R che andava a unirsi alla lettera P attraverso un tracciato dall’andamento curvilineo per ricordare il corso del fiume. Attorno erano disposti 12 chicchi di riso che ricalcavano la sagoma dell’Italia
La proposta è rimasta nel cassetto, forse frenata dalla burocrazia. Oppure da ostacoli oggettivi, in quanto il regolamento prevede che la Igp sia attribuita a un prodotto di un determinato e non di un’area vasta. Le interpretazioni sono aperta. Nel frattempo la risicoltura italiana si è fregiata di altri riconoscimenti, ma localizzati: il riso Dop Baraggia Vercellese e Biellese; la Igp Vialone Nano Veronese e la Igp Delta del Po.
Nella foto: Andrea Desana, al centro, con alcuni promotori dell’iniziativa e Mino Taricco (il secondo da sin.) allora assessore all’agricoltura della Regione Piemonte
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