Ci mancava anche il “downburst”, che non è tromba d’aria ma provoca i medesimi danni. E’ la corrente d’aria fredda che precipita al suolo, causa venti impetuosi trascinando dietro di sè pioggia torrenziale e grandine. “Sembrava una fiumana che ci veniva incontro come una falange” hanno detto molti agricoltori del Vercellese e del Novarese che stanno ancora facendo la conta dei danni: capannoni divelti, tetti scoperchiati, coltivazioni annullate. In parecchie zone il mais è stato triturato, ma anche i campi di riso sono stati appiattiti. Insomma, un disastro, che sta convincendo anche gli scettici e i detrattori del “climate change”, il cambiamento climatico. Il maltempo si abbatte con furia ripetitiva (uno-due-tre giorni di seguito): benché segnalato dalle previsioni meteo, gli effetti sono superiori alle attese. Devastanti. Preoccupati gli agricoltori, e non solo: le società di assicurazioni sono sempre più esposte agli indennizzi, le richieste di intervento migliaia. Inutile ogni tentativo di minimizzare. Parlano i documenti, le foto del dopo-disastro, i video che i coltivatori girano in diretta mentre il “downburst” avanza. Impressionante un “frame” di un filmato, coglie l’attimo della devastazione attorno a Trino Vercellese, sta spopolando sui social: si sente forte e chiaro l’urlo di una donna, “Oddio”, mentre il vento sta sradicando alberi e tetti. “Raccogliete tutti i video, le foto, tutto ciò che testimonia e allegateli alle richieste di indennizzo” ha raccomandato Albero Cirio, presidente della Regione Piemonte, che ha chiesto lo stato di calamità.
Il “downburst” proprio non ci voleva. E’ arrivato nel momento in cui il mondo dei campi era alle prese con un altro fenomeno che sembra inarrestabile: i cinghiali. In Piazza Castello a Torino è andata in onda un’altra scena: quella di migliaia di coltivatori che su input Coldiretti hanno deciso, come in tutta Italia, di chiedere un intervento risolutivo. Gli ungulati in Italia sono circa 2,3 milioni, stano distruggendo intere coltivazioni. Invadono le città. Sono diventati pericolo pubblico sulle strade, dove causano migliaia di incidenti molti dei quali mortali. E’ una vera emergenza nazionale. Eradicare il fenomeno con gli abbattimenti selettivi non basta più. Occorrono altri sistemi, già sperimentati all’estero: la sterilizzazione, ad esempio, con squadre organizzate che sparano proiettili anticoncezionali per evitare la riproduzione. Ma è necessario un progetto nazionale.
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