di Enrico Villa
Entro il 31 dicembre gli agricoltori e il personale dipendente che in azienda guidano trattori e altre macchine agricole, dovranno seguire i corsi di qualificazione per conseguire il patentino di campagna. E’ bene chiarire subito, come del resto hanno fatto i decreti relativi e il ministero delle Politiche Agricole, che il patentino è cosa diversa dalla patente di guida dei trattori e dei semoventi come le gigantesche mietitrebbiatrici adesso su mercato, più simili ad una astronave che ad una normale mieta. Infatti la patente, come prescrive il codice della strada all’articolo 116 , abilita alla guida di un mezzo anche ingombrante sia su strada che nei campi. Il patentino autorizza invece a condurre i trattori e le altre macchine semoventi e ingombranti, considerate da un punto di vista degli incidenti sul lavoro. Lo specifico problema era già stato affrontato da Agromagazine nel luglio 2016 quando pareva imminente l’obbligo del patentino entro il 2017. Due anni fa Agromagazine, riprendendo i dati dell’Inail vercellese e torinese nonché le indicazioni fornite da un convegno di Confagricoltura, aveva evidenziato: gli incidenti mortali causati dal ribaltamento dei trattori o da altro erano in Italia il 56%, con picchi statistici in Emilia Romagna e nel Veneto.
Allora Confagricoltura di Vercelli e i suoi dirigenti Paolo Carrà (attuale presidente dell’Ente Risi) e il presidente Giovanni Perinotti avevano insistito sulle crescenti complessità delle macchine agricole che vanno conosciute in dettaglio meglio che in passato. E il direttore di Confagricoltura di Vercelli e di Biella Paolo Guttardi aveva insistito su un altro aspetto che concerne gli incidenti sul lavoro in campagna: i sessantacinquenni sono più colpiti dei più giovani. Secondo i dati dell’ultimo bollettino dell’Inail pubblicato sul web istituzionale, le denunce per incidenti mortali in agricoltura negli ultimi sette/otto anni si sono attestati sul 21,6%. E le donne, più impegnate di un tempo in agricoltura, sono state coinvolte in ragione dell’11,39%.
Le indicazioni che provengono dal settore specifico dicono che lo scenario riguardante le macchine agricole è mutato e, forse, starà cambiando radicalmente rispetto all’avvento dei i trattori alla fine del Ventesimo secolo con la loro comparsa in Inghilterra e negli Stati Uniti, seguiti dalle prime macchine a combustione in Italia per le arature e le semine. Le ultime rassegne specialistiche italiane hanno sottolineato che potrebbe risultare abbastanza vicina l’introduzione di macchine agricole con propulsore elettrico come quelle già proposte dalla John Deere e da altre industrie. In questo momento i problemi sono rappresentati dalla elevata potenza necessaria e dalle batterie al litio, che come già succede nell’ambito automobilistico la ricerca assai avanzata potrebbe mettere a disposizione batterie a contenuto solido, da ricaricare facilmente quasi come un pieno di benzina o di nafta-diesel. L’obiettivo – forse il più importante che riguarda l’ambiente e le coltivazioni bio – è quello di abbattere il troppo C02 generato dai motori a combustione. Comunque per il comparto automobilistico, che è al lavoro in Germania, in Francia, i n Giappone e in Cina i primi risultati tangibili potrebbero aversi fra il 2025 e il 2030. Come insegna la storia della meccanizzazione agricola, l’evoluzione radicale potrebbe andare di pari passo come quella automobilistica, ad esempio testimoniata dal recente Salone automobilistico di Parigi e dalle rassegne nazionali sulle macchine agricole.
Che cosa sia avvenuto in un secolo per la meccanizzazione agricola, obbligatoria con una formazione di otto ore per ogni agricoltore o conducente di trattori e di semoventi, è stato raccontato in ben 260 volumi da Giuseppe Pellizzi (1928/2012) docente mitico alla Università di Milano e uno dei più grandi esperti mondiali di macchine utilizzate nei campi. Il professor Pellizzi, nei suoi compendi storici affiancati da quelli tecnici che hanno sempre invitato gli utilizzatori a conoscere le macchine come propone il patentino agricolo, ha illustrato una impennata costante dei trattori dal 1928 al 1997 e anni seguenti: le trattrici nel 1928 nell’epoca delle bonifiche che richiedeva molta potenza al posto dell’uomo, erano già 18.000. Esse salirono a 28.000 cinque anni dopo. E dal 1928 agli anni Novanta, dopo l’espansione agricola dovuta ai diversi Piani Verdi e alle Pac garantite dall’Unione Europea, i trattori si sono attestati sul milione ottocento mila/novecento mila, nei campi rappresentando quasi l’80%, indicativo di una percentuale secondo la quale, senza trattori a combustione, o forse domani elettrici non si può più fare a meno, però in accoppiata con l’elettronica e i sistemi GPS (Global Positioning System) essenziali per l’agricoltura di precisione. Lo stesso potrebbe succedere per le mietitrebbiatrici e per le trince, secondo le ultime statistiche nel 2018 vendute in 400 con un leggero calo che tuttavia sottolinea la capacità di invasione dell’intera Europa con una preminenza di Germania e Stati Uniti. Da questi due Paesi potrebbero in futuro arrivare mietitrebbie elettriche, oggi in altra versione più tradizionale molto attrezzate nelle coltivazioni di cereali e per l’agricoltura di p
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