Anni fa, prima degli sconvolgimenti meteorologici che mutano l’ambiente, e ai quali ci stiamo abituando con rassegnazione, in campagna la grandine era il terrore degli agricoltori. In uno studio dell’Ismea sul tema risalente al 2010, questa era la indicazione rilevata: le polizze contro la grandine avevano raggiunto il 93% specialmente nell’ambito dei cereali (grano, mais, riso), della frutta, degli ortaggi, della vite. Dopo il fuoco che provocò nell’Ottocento la nascita delle prime compagnie di assicurazione in Lombardia, contro la grandine si provò di tutto: reti, ma con l’aiuto della fisica e della chimica, i razzi sparati in cielo tra le nuvole nere per disgregarle e trasformarle in acqua benefica.
Tuttavia negli ultimi decenni lo stato italiano, attraverso il ministero delle Politiche Agricole e la CEE con Regolamenti appositi e contributi finanziari agevolati, ha mutato lo scenario assicurativo: dalle polizze riguardanti un unico evento si è passati alle assicurazioni multipolizze in grado di contrastare tutto quello che ci viene negativo dal cielo o, per la zootecnia, tutto quanto deriva dalle patologie animali. Con appositi strumenti giuridici, il pubblico integrò il privato e le assicurazioni diventarono una forma fondamentale di assistenza attiva, lasciando agli imprenditori agricoli di scegliersi la compagnia assicurativa di fiducia, o che meglio rispondesse alle loro necessità. Infatti rimuovere i gravi danni provocati dal maltempo, o dalle patologie animali, significava non gravare di milioni di euro i bilanci aziendali. In parte il principio, nonostante l’onere economico innegabile, si è fatto strada in campagna. La conferma viene da uno studio dell’Ismea che, tuttavia, per i dati si ferma al 2010, cioè 7 anni fa: la crescita di questo particolare investimento assicurativo nelle aree agricole è passato dal 4,7% al 57/60% con valori assicurati assai elevati. I cambiamenti sono stati favoriti dalle norme che, intorno agli anni Ottanta, hanno sostenuto la nascita dei Consorzi di difesa delle coltivazioni agrarie e dei piani aziendali individuali. Anche in questo caso contano i dati statistici cui si riferisce l’ Asnacodi nei giorni scorsi (per la precisione il 10 giugno) anche sottolineato dal Sole 24 ore. Al momento, i Condifesa disseminati in Italia sono 63 cui fanno capo i piani aziendali individuali, mentre il più importante quotidiano dell’economia italiana evidenzia anche: “Non esistono molte alternative al ricorso alla formula assicurativa, contemporaneamente sostenuta dal privato con i consorzi e dal pubblico con erogazioni in percentuale accettabile”.
La forma dei Consorzi, arco di volta del sistema assicurativo in campagna, si è consolidato in Emilia-Romagna, in Lombardia, in Trentino Alto Adige. Nella regione subalpina l’intervento del pubblico è calcolabile intorno al 49%, in Lombardia intorno al 42%, in Trentino addirittura intorno al 72% circa. Però l’erogazione da parte del pubblico tocca alle istituzioni regionali che anche erogano contributi sulla Pac e sui piani di sviluppo agricolo. E non sempre (bisognerebbe dire, al solito) i pagamenti sono tempestivi, cosicché le aziende colpite dal maltempo debbono contare sulle banche, o attendere, come sta accadendo nelle aree agricole centrali colpite dagli ultimi terremoti. In una ultima assemblea dei Condifesa a Ravenna, solitamente assai affollata e molto seguita, Albano Agabiti presidente di Asnacodi si è lamentato: “Su 165.000 premi assicurativi individuali, ne sono evasi solo 38.000” con un aggravio per le aziende che già debbono badare ai conti aziendali, depressi per i normali corsi di mercato. E Agabiti ha anche richiamato un dato che testimonia quanto stia diventando importante l’assicurazione agraria: 100.000 aziende, i cui interessi relativamente ai premi assicurativi e alla loro liquidazione vanno tutelati.
In Piemonte, come è noto assai importante per l’economia agraria in generale e la risicoltura in particolare, due esempi meritano una sottolineatura: la Co.Sm.An ( Consorzio regionale per lo smaltimento di rifiuti animali) inizialmente per lo smaltimento dei bovini colpiti in allevamento da gravi patologie; e Condifesa Vercelli due che prevalentemente riguarda il riso e altri cereali. Presentando Co.Sm.An una nota fa presente che, grazie alla Regione Piemonte “rappresenta un unicum a livello nazionale e probabilmente europeo”. Il Consorzio, presieduto dall’allevatore Roberto Chialva, nacque all’ apparire dell’encefalopatia spongiforme bovina (mucca pazza) con 100 casi in Italia e successive norme a tutela dei consumatori. Successivamente il Co.Sm.An. ampliò le sue competenze, non solo riguardando gli animati morti per infezione da recuperare e smaltire, ma anche coltivazioni vegetali e serre. La sede del Consorzio, attrezzato tramite contatti telefonici, ha sede presso l’assessorato all’agricoltura regionale a Torino in corso Stati Uniti, e rifonde fino al 90% circa del premio assicurativo. Anche Condifesa Vercelli due, presieduto da Riccardo Garrione ha una esperienza di quasi mezzo secolo, che nel 2016 ha coperto con assicurazione un valore di oltre 102 milioni di euro. Ribadendo l’importanza della assicurazione, il suo presidente annota: “Sempre più imprese agricole stanno comprendendo l’importanza delle polizze assicurative, con l’obiettivo di tutelare il reddito, oggi dagli eventi atmosferici estremi, e domani dalle oscillazioni di mercato”.
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