La cimice asiatica, moltiplicatasi nella Pianura Padana dal 2012 quando fu scoperta in Emilia Romagna, nella primavera 2017 potrebbe invadere letteralmente le aree agricole del nostro Paese. E procurare danni ingenti a 200 coltivazioni, come annotano i fitopatologi dei servizi regionali. L’insetto, biologicamente denominato Halyomorpha Halis , con il suo pungiglione in cerca di nutrimento vegetale, danneggia la frutta, si insinua nelle serre, aggredisce il grano e il mais, forse potrebbe diffondersi anche sul fogliame del riso, già tutelato dai fitofarmaci impiegati per altri guai patologici.
L’informazione nel 2016 ha dedicato numerosi articoli, riferendosi alla comparsa della cimice asiatica soprattutto nelle città del Nord con la proliferazione non prevista del noioso e puzzolente insetto, a causa delle ghiandole sotto il suo ventre. Quando l’Halyomorpha Halis è schiacciata, ecco l’odore acuto e nauseabondo che si diffonde. Tuttavia, gli esperti hanno precisato che la cimice asiatica non rappresenta una minaccia per la salute della gente. In Piemonte l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero dei guasti dell’insetto ha preso atto ufficialmente, spiegando però che al momento non esistono molte misure di contenimento, raccomandando in ogni caso che non bisogna esagerare con i fitofarmaci proprio per evitare inquinamenti aggiuntivi all’ambiente.
Le organizzazioni agricole piemontesi (Coldiretti e Confagricoltura, in particolare) e i loro tecnici stanno effettuando sistematici controlli per ricostruire le abitudini disastrose della cimice asiatica. I monitoraggi sono effettuati con i normali metodi dall’Università di Torino, dalla Fondazione Agrion a suo tempo voluta dalla Regione Piemonte, nonché dagli specialisti in campo che periodicamente ragguagliano sul loro attento “lavoro di vigilanza” sui giornali di categoria. Sia il Coltivatore Cuneese (direttore Michelangelo Pellegrino) che L’Agricoltore (direttore Paolo Guttardi) dedicano sistematiche note tecnico-giornalistiche alla cimice asiatica. E tutti giungono ad una unica conclusione: l’insetto, che anche si è diffuso nei vigneti e nei castagneti, è pericoloso per i danni che procura. Spiega L’Agricoltore che l’invasione delle cimici asiatiche nel Nord Italia promette danni potenzialmente enormi per i raccolti nella prossima stagione. Il Coltivatore Cuneese invece elenca i guasti provocati dall’insetto, anche riprendendo le indicazioni riportate in un memorandun della Regione Piemonte per gli agricoltori sulle seguenti essenze vegetali di grande rilievo economico: nocciolo, pesco, nashi, melo, soia, girasole, erba medica, fagiolo, peperone, grano, mais. Fin dal 27 novembre 2015 a Manta (Cuneo) alla cimice asiatica è stato dedicato un convegno con la partecipazione della Fondazione Agrion, del Servizio Fitosanitario della Regione Piemonte, dell’Università di Torino. L’insetto, al di là degli aspetti di colore che, in genere, colpiscono il pubblico facendogli dimenticare che di mezzo c’è l’agricoltura e i suoi interessi economici, è stato inquadrato compiutamente. Tutti i relatori-ricercatori ( Silvio Pellegrin, Giacomo Ballari, Alan Pizzinat dell’Agrion) hanno in sostanza evidenziano che a causa della cimice asiatica in Piemonte nessuna coltura è immune. L’insetto da dove arriva? La sua prima comparsa alla fine dei primi anni Duemila negli Sati Uniti approdando dalla Cina e dalla Corea. Il veicolo principale: le navi e gli aerei dove l’insetto si è presumibilmente accomodato in colli commerciali. Per l’Italia (e forse l’Europa) Silvio Pellegrino azzarda una ipotesi aggiuntiva: lungo la Pianura Padana si è spostata lungo l’asse autostradale, verosimilmente aggrappandosi alle coperture dei Tir, fino ad arrivare in Piemonte.
Anche Luciana Tavella dell’Università di Torino elenca gli antagonisti naturali della pestifera cimice asiatica: L’Anastatus Bifasciatus, una minuscola formica che – spiega la dottoressa Tavella – “è l’unico parassitoide in grado di paralizzare la cimice asiatica. Inoltre, tra quelli naturali presenti in Asia e negli Usa, il Trissolcus Japonicus, un parassitoide oofago che ha una capacità al 70% di paralizzare l’Halyomorpha Halis. Gli antagonisti, che ricordano vespe agguerrite, depongono le loro uova tra le numerose della cimice asiatica, si schiudono prima e i nati hanno il compito di eliminare i nemici che stanno per nascere. La peculiarità dell’Anastatus Bifasciatus e del Trissolcus Japonica è di prendersela con la cimice asiatica mentre trascurano le fastidiosissime ma innocue cimici verdi nostrane. La cimice asiatica è poi attratta dalle trappole Rescue per l’effluvio irresistibile che emanano i ferormoni (odore dei maschi e delle femmine con il forte desiderio di accoppiarsi e, quindi, deporre centinaia di uova fecondate). L’insetto, capace di volare per centinaia di chilometri, individuato il caldo di una abitazione o di un magazzino, cade in una specie di letargo, pronta a ricomparire nella primavera successiva.
Anche la cimice asiatica è un prodotto della globalizzazione dei traffici mondiali che sempre meno mettono al riparo coltivazioni e ambiente. Gli specialisti ricordano, fra gli altri, la Popilia Japonica e la Drosophila Suzukii, un moscerino killer arrivato dall’ Oriente che distrugge ciliegie, mirtilli, uva. A tutte queste si aggiunge la Dickeya Crysantemi, una rarità che procura una malattia fungina, segnalato ultimamente da Il Risicoltore, diretto da Giuseppe Pozzi.
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