di Gianfranco Quaglia
Da un anno i giornalisti italiani sono tornati sui banchi di scuola per un aggiornamento professionale imposto dalla legge che consente loro di acquisire sessanta crediti formativi obbligatori nell’arco di un triennio. Oltre agli aspetti di natura deontologica, fra le materie proposte e largamente seguite in questi ultimi mesi attraverso seminari e convegni (soprattutto in Piemonte e Lombardia) da sottolineare la scelta riguardante l’informazione nel settore agroalimentare, tanto più attuale perché alla vigilia di Expo 2015 il cui slogan è «Nutrire il pianeta energia per la vita». Si era iniziato un anno fa a Novara, in collaborazione con l’Università del Piemonte orientale. Ora, sempre con lo stesso ateneo, sono stati organizzati a Vercelli due seminari specifici che riguardano il mondo della risicoltura e non solo. Il primo, dal titolo «In campagna, dalle braccia alla chimica», ha scandagliato il problema dei pesticidi. Relatori: giornalisti, medici e ricercatori, con la presentazione di una ricerca condotta su un’area di 100 mila ettari e sugli effetti dei pesticidi sia in agricoltura sia sull’ambiente sia sull’uomo.
Il secondo appuntamento, venerdì 17, è titolato: «Ogm: inquietudini, ripercussioni sulla natura e sulla società, etica scientifica». L’uno e l’altro sono due temi di grande attualità, che coinvolgono non solo gli addetti ai lavori, ma i consumatori, insomma tutti i cittadini, l’opinione pubblica che può essere formata o influenzata dai media. Negli ultimi anni il rapporto comunicazione-agricoltura è diventato essenziale e determinante per la promozione del made in Italy. Ed è per questa ragione che si è avvertita la necessità di inserire, tra le materie di aggiornamento professionale, anche i temi legati alla catena produttiva del cibo, di cui si parla ormai in tutte le salse – è il caso di dirlo – con un’ossessione quasi spasmodica per gli aspetti salutistici. Ma sovente con scarsa conoscenza e affidabilità, ricorrendo a luoghi comuni o cavalcando la tendenza. Centrali devono invece essere ruolo e responsabilità di tutti gli addetti all’informazione, richiamati a osservare le regole deontologiche (quindi proprietà del linguaggio, verifica della notizia e dei contenuti) senza indulgere allo spettacolo.
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