di Enrico Villa
Per iniziativa dell’Accademia dei Georgofili e di altre istituzioni, a Torino nel gennaio 2013 si svolse il convegno dedicato a Vettori di malattia e mutamenti climatici. Il dubbio di patologie procurate da alieni assilla ormai da due secoli, soprattutto gli agronomi e gli entomologi. Ma più di dieci anni fa in una nota divulgativa di Maurizio Conti, i Georgofili confermarono: gli antropodi (invertebrati, ndr) sono stati introdotti sia con le malattie trasmesse che separatamente ed hanno potuto insediarsi stabilmente in Italia in seguito alle variazioni climatiche degli ultimi decenni (Global warming). Allora fu anticipato da un punto di vista scientifico quanto adesso ci assilla per quanto riguarda l’aumento della temperatura di uno o due gradi che favorisce tanti fenomeni meteorologici disastrosi come i tornado in Occidente e la diffusione di patologie introdotte in Europa da insetti di cui non si era prima tenuto conto. E che sono diventati riferimenti precisi, sovente drammatici nell’ambiente che di frequente inducono al ricorso della chimica di sintesi e dei fitofarmaci.
E ancora, secondo il dottor Conti: le variazioni climatiche non sono però l’unico fattore che ha favorito l’insediamento di nuove malattie di importazione in Italia poiché altri mutamenti hanno contribuito, quali la globalizzazione commerciale dei prodotti agrari e il tumultuoso incremento dell’immigrazione e del turismo estero. Un esempio fra i tanti richiamati dallo stesso Maurizio Conti: i vettori alieni non riguardano solamente le piante e gli animali ma l’uomo come è accaduto con il WNF, la zanzara del west del Nilo, che determinò problemi di salute soprattutto in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Sardegna. O che ha riguardato gli animali: ancora più di venti anni fa i patogeni provenienti dall’Africa hanno provocato febbre catarrina ovina che ha costretto gli allevatori ad abbattere oltre due milioni di pecore, così agendo per combattere con buoni risultati una disastrosa epidemia.
Un altro coleottero che attacca le coltivazioni di mais -e questo assieme alla farfallina della piralide ( Ostrinia nubilalis) – è la diabrotica del mais (Diabrotica virgifera) che fa rischiare annualmente 2 milioni di ettari della coltivazione specifica ( il 4% circa del valore agricolo italiano). Una delle conseguenze sul mangime zootecnico potrebbe forse essere una infezione di microtossine che anche si estende ai raccolti delle coltivazioni di peperoni e di altri ortaggi. O che potrebbe favorire l’affermazione sulle colture di quel disastro biblico conosciuto come Ragnetto rosso temutissimo dai produttori, entomologicamente denominato Tetranychus urticae. In ogni caso la Diabrotica virgifera, che crea con una variante (Diabrotica virgifera zeae) gravi problemi alle coltivazioni di mais in Messico e negli Usa, non era conosciuta nelle distese maisdicole del Nord Italia. Tuttavia si sapeva che le uova di Diabrotica virgifera si schiudono con il grande caldo (circa 22 gradi centigradi e più) da cui escono le larve che si sistemano sulle piante di mais talvolta determinandone il rinsecchimento e la morte. Però il coleottero era pressoché poco considerato dagli agricoltori. Ma esso nel 1992 comparve nei pressi dell’aeroporto di Belgrado, nel 1998 nell’area dell’aeroporto di Venezia, quindi successivamente in Lombardia e nel Novarese nei pressi dello scalo aereo di Malpensa. Prova più eloquente della diffusione di Diabrotica virgifera causata dal traffico aereo e dalla globalizzazione non poteva esserci, tanto è vero che in pochi anni nonostante i programmi di contrastare la patologia e le sue varianti, oltre che negli Stati Uniti si è diffusa in Serbia, Croazia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Bosnia, Svizzera, Italia.
Un altro parassita che, di norma, alberga negli alveari assieme alla Metcalfa prurinosa scoperta nel 1980 è la Vespa velutina anche chiamato Calabrone asiatico di origine dell’Estremo Oriente è pericoloso per l’uomo e per gli animali. Il suo aculeo che scarica veleno anche dopo la puntura ma che non si stacca del tutto dall’insetto per la sua forma ad uncino, come tutti i calabroni lascia i segni nel corpo umano e del bestiame fino a provocare lo choc anafilattico. La Vespa velutina si introduce nelle arnie, e con la tecnica del calore provocato che intontisce le api paralizzandole, se le mangia. Invece la Metcalfa pruinosa fa concorrenza alle api producendo una mielata senza zucchero, diversamente dal miele, con una operazione di selezione del prodotto di questa cicalina.
Soffermandoci su un vasto atlante, che si riferisce ai parassiti e infestanti esotici che portano nuove patologie, bisognerebbe non dimenticare la africana Alisma plantago-acquatica scovata nel 1994 nelle risaie novaresi e vercellesi, la Aeshynomene Indica ritrovata fra il riso lomellino, la Anoplophora glabri pennis o tarlo asiatico del fusto individuato nel 2017 in Piemonte e che aggredisce i frutteti e le piante per cui occorre subito fare denuncia ai carabinieri forestali, la Drosophila suzukii che si annida nei vegetali rovinandoli commercialmente, la Popilia japonica che ischeletrice i vegetali e lo Pseudomonas syringae capace di distruggere il kiwi, ma soprattutto la Halymorpha halys, la disastrosa cimice asiatica affacciatasi in Europa nei primi anni Duemila con le sue uova depositate 10/12 volte all’anno, favorite dall’aumento elevato della temperatura che sta danneggiando 300 coltivazioni e infestando le abitazioni civili della Pianura Padana. Essa infatti cerca il grande caldo di cui la Natura ci impone più che in passato.
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