Cinque imprenditori, cinque parole chiave che equivalgono a cinque regole d’oro: sono le ricette per avere successo all’estero, spingere l’export dell’agroalimentare italiano da 33 a 50 miliardi di euro entro il 2020. Missione impossibile? Forse, ma basta credere e dare concretezza a quelle parole (tenacia, passione, comprensione, coraggio e cultura) che cinque capitani d’industria cercano di mettere in pratica ogni giorno. i loro nomi: Dario Scotti, Francesco Divella, Zefferino Monini, Francesco Mutti, Matteo Zoppas. Insieme hanno provato a spiegare le motivazioni in una tavola rotonda che si è svolta a Expo, organizzata da Riso Scotti e Intesa San Paolo, in collaborazione con la rivista Food, nello spazio espositivo «The Waterstone» di Intesa San Paolo.
Per Dario Scotti, presidente e ad del gruppo risiero pavese, «il coraggio è l’ingrediente principale per passare dai pensieri alle decisioni strategiche. Coraggio significa anche accollarsi i rischi e fare autocritica quando le cose non vanno come vogliamo, sapendo anche fare un passo indietro, se occorre».
Francesco Divella,procuratore dell’omonimo gruppo pastaio: «Per affrontare i mercati esteri c’è bisogno di tenacia come quella del mio bisnonno che ha iniziato questa impresa nel 1890, con un mulino, a cui negli anni si è aggiunto un pastificio e addirittura un biscottificio. Con la tenacia oggi abbiamo raggiunto una quota di mercato del 10% a volume e siamo diventati protagonisti del settore».
Zefferino Monini, presidente e ad della Spa olearia: «L’olio è un prodotto che non sipuò standardizzare, per questo occorre passione. Non siamo industriali, ma artigiani, e quindi dobbiamo appassionarci costantemente rispetto a ciò che facciamo».
Francesco Mutti, ad dell’industria del pomodoro: «La comprensionre è molto importante. l mondo non è uno solo, ma occorre declinare i propri prodotti in relazione alle caratteristiche di ogni mercato in cui si sceglie di esportare, quindi in relazione alle abitudini del consumatore e alle esigenze del trade. Ma per attivarsi in questo modo servono forti investimenti, non sempre possibili per le dimensioni aziendali del nostro sistema produttivo».
Matteo Zoppas, consigliere delegato del gruppo San Benedetto: «Quando esportiamo un prodotto esportiamo il nostro saper fare e quindi la nostra cultura, anche se siamo meno bravi degli altri a trasferirla. Dobbiamo riuscire a far comprendere ancora meglio il nostro prodotto, perché quando si parla di Italia, nel mondo si parla del prodotto migliore».
Il direttore generale Event management di Expo Milano 2015, Piero Galli, ospite in sala, ha aggiunto altri concetti: «Imparare a fare marketing di noi stessi e a fare sistema. Gli imprenditori devono sapersi aggregare, i capitali per investire ci sono, ma occorre saperli investire in competenze. Expo Milano 2015 sta offrendo una vetrina d’eccezione all’italianità».
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