di Gianfranco Quaglia
Rilassati e al tempo stesso in allerta. E’ questo il “sentiment” che attraversa i risicoltori italiani in attesa della prossima stagione, dopo la conquista della clausola di salvaguardia che ripristina i dazi all’import in Europa e l’impennata delle quotazioni dei risi da interno, i “tondi” vocati al risotto. Prezzi tornati soddisfacenti, in costante rialzo. Mentre l’industria di trasformazione invita ad aumentare la superficie investita a varietà tipo “tondo”, per riequilibrare il mercato abbassando le quotazioni.
Che cosa sta accadendo? Risponde Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi
“Il tutto è frutto di una serie di circostanze positive. Nel 2018 siamo partiti con un ettarato inferiore rispetto al 2017. La situazione negativa della scorsa campagna hanno consentito di collocare grande quantità di giacenze al 31 agosto e ciò ha favorito una ripresa dei prezzi dei risi da interno. Non solo: l’industria rileva un aumento di consumi, dovuto in gran parte anche ai derivati, ai prodotti trasformati, alla presenza di comunità straniere”.
L’industria chiede anche di riequilibrare il mercato…
“Sì, la richiesta per la prossima stagione è di incrementare la superficie investita a tondo. Io dico che la volatilità fa male a tutti, non si può avere un prezzo che un anno è a 28 euro il quintale e l’anno dopo a 43. Tutto ciò si potrebbe evitare soltanto attraverso un’organizzazione delle semine. Lo si è sempre detto, ma gli effetti negativi oggi si vedono più di un tempo perché siamo di fronte a un mercato globale”.
Prima che venissero ripristinati i dazi le indicazioni erano a favore di un forte incremento della varietà Indica. Invece ora assistiamo a una frenata rispetto a pochi mesi fa, tanto che le richieste considerano una leggera crescita di superficie coltivata a lungo B. Come interpretare questa inversione?
“Rispetto al 2018 la richiesta è di 6 mila ettari in più. L’industria motiva questa previsione con una strategia prudenziale: in buona sostanza si ritiene che i mercati europei, prima di adeguarsi alle mutate condizioni, abbiano bisogno di tempo e di tranquillità. L’opinione generale è che forse questa prudenza potrebbe rivelarsi eccessiva”.
Può essere che le industrie di trasformazione collocate nel Nord Europa, in previsione del ritorno dei dazi, si siano affrettate a importare grossi quantitativi di riso Indica dal Sudest asiatico ai vecchi prezzi (ossia dazio zero) e quindi non abbiano necessità di essere foraggiate in questo momento?
“Dobbiamo tenere conto anche del cosiddetto shipping closed, cioè della spedizione chiusa prima che scattasse clausola di salvaguardia, con la merce ormai venduta e stivata sulle navi in arrivo dall’Estremo Oriente”,
Intanto le quotazioni di Indica continuano a essere inferiori alle aspettative, lontane dai prezzi del riso tondo…
“E’ indubbio che il mercato dell’Indica continua a essere depresso, mentre i risi da interno sono apprezzati. Il rischio è che i produttori guardino più al listino in tempo reale che all’andamento del mercato. Bisogna tenere presente che esistono livelli di guardia per ogni varietà, superate i quali c’è inevitabilmente il crollo dei prezzi”.
L’industria ipotizza di allargare la superficie a 242 mila ettari. E’ un traguardo realistico?
“Il mondo risicolo è lontano da questa richiesta, soprattutto se riguardasse tutto riso da risotto”.
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