“Special Year”. Anno speciale, quel 1949, visto da Carmagnola patria di Sua Maestà il Peperone. Non soltanto perché scrisse l’inizio di una storia che oggi festeggia i settant’anni, la Fiera del Peperone specchio di un’economia territoriale diventata “glocal”: globale e locale al tempo stesso, capace di coniugare tradizione con sguardo oltre le mura. In altre parole il dna di una comunità che nei secoli ha lottato per emergere. Forti di indipendenza e intraprendenza, i carmagnolesi non hanno mai esitato a rimboccarsi le maniche, gettarsi nella mischia e reinventarsi. In quel 1949 i coltivatori decidono di dare concretezza (oggi si direbbe fare sistema) alla loro eccellenza, appunto il peperone. Ed ecco che la sagra, primo esempio di marketing e promozione strutturati, nasce sull’onda di un fermento che permea non solo i carmagnolesi, ma tutta l’Italia.
Nel campo c’è un tesoro
Quando la comunità di Carmagnola estrae dalla cassaforte il suo “tesoro”, il peperone introdotto da Domenico Ferrero ha già camminato parecchio, ma ancora gli manca quella visibilità e il contesto necessari per compiere il cambio di passo. Ci vuole una sagra (in seguito diventerà fiera), a cadenza annuale, che coinvolga tutta la popolazione e sia attrattiva: non basta affidare il mercato ai contadini che con il carretto, carico di casse di peperoni, vanno sulle piazze degli altri paesi o a Porta Palazzo di Torino. Occorre creare un evento calendarizzato e tradizionale. Non è stato ancora costituito il Consorzio dei produttori (sarà creato nel 1998), ma i coltivatori avvertono la necessità di unirsi, superando i campanilismi per dare vita a una manifestazione. Così nasce la sagra che negli anni seguenti si rivelerà un motore, la locomotiva dell’attività economico-sociale di Carmagnola. Basta dare uno sguardo ai numeri: uno studio coordinato da Giuseppe Attanasi (ordinario Università di Nizza e docente alla Bocconi di Milano) rileva che negli ultimi cinque anni l’impatto economico sul territorio ha mosso più settori legati ai giorni di Fiera: alloggi, ristoranti, bar, visite culturali e trasporti. Complessivamente 25 milioni di euro sui cinque anni presi in esame, con un picco stimato nell’edizione 2017 pari a 10.491.000 euro. Non è un calcolo approssimativo, ma realizzato sulla base di un questionario cartaceo sottoposto ai visitatori da parte di intervistatori.
Oggi i consorziati sono una quarantina. Producono le cinque tipologie del Peperone di Carmagnola: il Quadrato, il Quadrato Allungato, il Trottola, il Tumaticot e il Corno di Bue o Lung (quest’ultimo incluso tra i presidi Slow Food e tra i prodotti del Paniere della Provincia di Torino).
Dal ’49 al 2019, alti e bassi hanno contraddistinto la cavalcata del peperone di Carmagnola: nel 1965 la produzione subì una grave crisi con svalutazione del prezzo all’origine. Allora gli agricoltori sospesero addirittura la raccolta e per protesta svuotarono molti cesti di peperone sulla strada per Torino, regalandoli agli automobilisti. L’episodio destò l’attenzione della stampa nazionale e quasi per contrappasso il prezzo riprese a salire, diventando remunerativo. Ma da quell’estate in poi molti produttori hanno continuato a vendere per strada, interpretando il chilometro zero con largo anticipo. A metà degli anni ’80 la consacrazione anche a opera della grande industria agroalimentare: il peperone di Carmagnola viene scelto da Ponti di Ghemme (Novara), re dell’aceto, per il lancio della linea di conserve di verdura in agrodolce: Peperlizia. E’ un riconoscimento sul campo.
Varianti sul tema in cucina
“Doi povron bagnà ‘nt l’euli” oppure peperoni con bagna càuda. Ancora: peperone fritto e impanato, ricetta brevettata dall’agriturismo La Cassin-a ed Bajet. Sono soltanto alcune delle innumerevoli proposte che fanno di Carmagnola un riferimento gastronomico piemontese e non solo. Poi la classica peperonata. A proposito: in occasione della 61.a edizione della Fiera, nel 2010, Carmagnola entra a far parte del Guinnes dei primati per la peperonata più grande del mondo, 1.190 chilogrammi.
Peperoni, canapa e cordai
L’altra eccellenza è la canapa, una lunga storia nota anche Oltralpe. Nel ‘700 gli operai stagionali lasciavano la frazione di Borgo San Bernardo, chiamato “il paese dei cordai” (all’epoca Carmagnola era uno dei maggiori centri di produzione della canapa) per lavorare nel porto di Marsiglia dove fabbricavano corde: secondo alcuni storici diedero anche nome a “La Carmagnole” (canto e danza simbolo della rivoluzione francese) derivazione diretta dalla tipica giacca, chiamata la carmagnola, indossata da quei lavoratori. La Carmagnole, come ci tramanda la storia, divenne l’inno dei sanculotti, con il testo che derideva Luigi XVI e la moglie Maria Antonietta. Oltre gli aneddoti e le ricostruzioni storiche, la cronaca ci racconta la grande tradizione della coltivazione e lavorazione della canapa per circa 800 anni a Carmagnola, che per secoli ha fornito una delle migliori fibre per tele e corde e ancora oggi è possibile visitare l’Ecomuseo della cultura della canapa nella frazione di Borgo San Bernardo. Tra l’altro a Carmagnola ha la propria sede anche Assocanapa, il coordinamento nazionale, cui fanno capo 400 soci e 700 aziende agricole.
1949: come eravamo
La guerra è terminata da appena quattro anni, il segno distintivo che attraversa il Paese è quello della voglia di rinascita. Non c’è tempo di fermarsi se non per rifiatare. Una breve cronologia essenziale ci restituisce il clima dell’epoca: viene varato il progetto edilizio del cosiddetto “Piano Fanfani” che prevede 75 mila abitazioni per lavoratori; Enrico Mattei rilancia la politica energetica partendo da Cortemaggiore dove si scopre che abbiamo sotto i piedi un tesoro, il metano. Ancora: l’Italia aderisce al Patto Atlantico (Nato) dopo polemiche, proteste e scontro politico. E fra le polemiche nasce anche la riforma agraria, con dibattito aspro in Parlamento, scioperi e gravi incidenti. Ma il Paese, tutto, sembra riconciliarsi a maggio, scosso dalla Tragedia di Superga, dove perisce il Grande Torino. Il 1949 purtroppo è anche questo, con 500 mila persone che partecipano ai funerali e resero in lacrime l’ultimo omaggio ai “ragazzi granata”. Perde la vita, assieme ai suoi compagni, anche Eusebio Castigliano, il mediano vercellese sepolto nella tomba di famiglia proprio a Carmagnola.
Carmagnola brilla in cielo
Un nome su tutti: Renato Dominici, una delle figure di spicco, scomparso nel 2011 all’età di 85 anni. Era titolare del ristorante “La Carmagnole” dove con la moglie Anna e la figlia Federica ha portato in alto le eccellenze della terra carmagnolese: dal peperone Corno di Bue al Coniglio Grigio entrambi presidi Slow Food. E’ stato l’ideatore della Piazza dei Sapori, la piazza principale della Sagra del Peperone (dal 2017 denominata Fiera Nazionale) e ha promosso l’attribuzione del nome di Carmagnola a un nuovo asteroide. E’ stato scoperto il 12 novembre 1999 da Edward Bowell dalla stazione osservativa di Anderson Mesa (Arizona), porta il numero 16106 e orbita attorno al sole a una distanza media di 348 milioni di chilometri. Quindi, da 20 anni Carmagnola grazie alla fama derivata dal peperone, brilla nell’Universo anche se non si vede a occhio nudo. Carmagnola è in compagnia di alcuni “fratelli” piemontesi: i vini Barolo, Barbaresco e Roero hanno avuto l’onore di battezzare altri tre “pianetini” con il loro nome. Così come le località di Moncalvo e Belgirate o lo stesso Piemonte. O figure autorevoli, come Piero Bianucci, noto giornalista e divulgatore scientifico, cui è stato dedicato l’asteroide 4821.
Nelle foto: un’immagine storica e la piazza di Carmagnola durante una recente Fiera
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