Benvenuto Presidente. Nel Piemonte che ha dato all’Italia tre Presidenti della Repubblica (Einaudi, Saragat, Scalfaro), ma soprattutto in questa terra di risaia così lontana dai ritmi e dagli eccessi romani, così piatta e orizzontale che lo sguardo scivola e rincorre altri orizzonti, confini certi come il Monte Rosa che la sovrasta.
Sergio Mattarella mette piede in risaia, e lo fa con il garbo che lo contraddistingue, il rispetto di chi riconosce a questa gente un passato glorioso e un presente concreto. Qui un sacco di riso costa la fatica di quattro stagioni, ma è anche il frutto di una imprenditoria e una professionalità invidiate da tutta Europa, mai eguagliate. Coltivare il riso al di sopra del 45° parallelo, esposti agli improvvisi mutamenti del clima, è un azzardo, ma anche la dimostrazione di capacità e passione. Tutte doti che senza quell’opera ciclopica e straordinaria come il Canale Cavour, sarebbero state vanificate o svilite. Ecco perché il Capo dello Stato ha accolto l’invito a venire a Vercelli, per celebrare il 15O° di costruzione di quell’arteria d’acqua che in un secolo e mezzo ha trasformato la risicoltura italiana. Il sogno, un’idea che Camillo Benso Conte di Cavour ebbe, intuendo la grande potenzialità di un’opera che a metà Ottcento sembrava irrealizzabile. Ci credette, con la stessa caparbietà che lo mosse per realizzare l’Unità d’Italia. La morte lo colse prima che il canale fosse terminato. Mattarella celebra un capolavoro di ingegneria idraulica, costruito da 14 mila persone, tutto di braccia e badile come recita la piece interpretata da Lucilla Giagnoni: 87 chilometri, un percorso iniziato nel 1863 e concluso tre anni dopo, nel ’66. Tutto di braccia e badile, appunto. Assenti ruspe, gru, altri supporti tecnici, perché non esistevano. Tempi previsti e rispettati: tre anni. Il miracolo sta tutto in quei mille giorni, per l’esattezza 1095. Questo il messaggio che arriva dal passato, affidato a Sergio Mattarella affinché lo indichi al presente e al futuro degli italiani.
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