Oltre duecento persone al convegno “Produttività, competitività e innovazione 5.0. L’impresa agricola al centro del contesto economico nazionale anche a fronte delle sfide climatiche”, organizzato da Confagricoltura Novara e VCO al Castello Visconteo-Sforzesco del capoluogo.
Un dibattito che ha approfondito il tema della siccità e della gestione della risorsa idrica, e non solo, attraverso le buone pratiche e l’innovazione tecnologica. Il presidente provinciale Giovanni Chiò ha posto subito l’attenzione al fatto che gli agricoltori siano in procinto di effettuare le nuove semine, con strategie già individuate senza però sapere quali siano le regole del gioco. Il riferimento è alla gestione dell’acqua dei bacini, che presentano già ora livelli estremamente bassi.
Una questione che si pone anche su larga scala: il sottosegretario al ministero dell’agricoltura, sovranità alimentari e delle foreste, Patrizio La Pietra, ha rimarcato che in Italia, negli ultimi vent’anni, non sono stati fatti investimenti e ora occorre agire d’emergenza. Su questo punto la direzione del governo è improntata a un cambio di passo, con una pianificazione che – ha ribadito alla platea – riguarda l’intero settore primario.
Le relazioni dei professori Stefano Boccaletti del Dipartimento di Economia AgroAlimentare dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, e dell’agronomo Alessandro Carelli dell’istituto Bonfantini di Novara, hanno dimostrato, dati alla mano, come sia cambiato il paesaggio agricolo e il panorama delle imprese agricole nel corso dei decenni, in relazione ai cambiamenti climatici, alle politiche comunitarie e agli scenari economici e sociali.
Dall’emergenza alla pianificazione: Confagricoltura, con HubFarm, la piattaforma a servizio delle aziende associate presentata dal responsabile nazionale Fabio Isaia, è una risposta concreta alla gestione oculata delle risorse con l’obiettivo di mantenere elevati standard produttivi e qualitativi.
Conclusioni affidate al vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Matteo Lasagna: “Il futuro è già qui: l’innovazione tecnologica per le imprese è parte fondamentale della transizione digitale ed ecologica. Dobbiamo sfruttare questa opportunità per implementare e valorizzare le nostre produzioni che permettono all’Italia di essere prima per valore aggiunto agricolo”.
Il vocabolo più evocato è dtato “cambiamento”. Alessandro Carelli ha indicato alcune vie d’uscita: “Qualcosa va cambiato, compresa la coltura. In ogni caso è necessaria una gestione diversa dell’acqua, conservarla il più a lungo possibile, per evitare che la falda non si abbassi troppo”.
E ancora Matteo Lasagna: “L’Italia oggi è il primo produttore europeo di riso, ma questo primato potrebbe andare perduto e compensato dalle importazioni selvagge. Così non si tutela la sovranità alimentare del nostro Paese. Ci viene chiesto di adattarci? La risposta è sì, ma la politica sia più vicina al nostro adattamento. Chiediamo che, come già avviene in Lombardia, anche in Piemonte sia dato il via libera alle nuove tecniche di miglioramento genetico delle piante, che possano resistere a siccità e malattie”.
Giovanni Chiò: “Se ci fermiamo al nostro orticello saremo sempre i più bravi, ma soltanto nel nostro orticello. E’ necessario dare ai giovani un modello di agricoltura innovativa”. E lancia una provocazione che fa sobbalzare qualche astante: “Il concetto di Pac (Politica agricola comune) come sostegno al reddito a me sta un po’ stretto. Preferirei il reddito”. E prosegue con un esempio: “Questa Pac non mi piace perché in Calabria 38 mila aziende ricevono meno di 1000 euro l’anno. In Italia su un milione di imprese soltanto 600 mila hanno la partita Iva. E allora chiediamoci se tutte le risorse avute da Bruxelles vengono distribuite in modo corretto”.
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