di Gianfranco Quaglia
La clausola di salvaguardia che ha bloccato l’importazione di riso a dazio zero da Cambogia e Myanmar a giudizio di tutti è stata una conquista storica, che per la prima volta ha dimostrato la validità di fare sistema in Italia. Nessuno, un anno fa, l’avrebbe mai immaginato. Ma non è una pagina archiviata. Lo sa bene Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Ruisio, che con tutta la filiera risicola e il ministro delle Politiche Agricole, è riuscito a ottenere il riconoscimento. Ora quel traguardo rischia di essere messo in discussione dagli sconfitti, che non si danno per vinti: Anzi, passano al contrattaco e si profile un’altra, dura battaglia sul fronte europeo, questra volta nelle aule di giustizia.
Governo cambogiano Cambodia Rice Federation hanno infatti presentato ricorso al Tribunale dell’Unione europea per chiedere l’annullamento del regolamento di esecuzione della Commissione (UE) n. 2019/67 che ha istituito misure di salvaguardia in relazione alle importazioni di riso lavorato Indica originario della Cambogia e del Myanmar.
Alla risicoltura europea (e in particolare quella italiana) non sono concessi sonni tranquilli. Anzi, i risicoltori sono costretti più di prima a combattere e contrattaccare, per la verità su due fronti: contro il Myanmar che, aggirando la clausola di salvaguardia, sta esportando in UE valanghe di riso tipo Japonica (per intenderci quello da risotto), che non rientra negli obiettivi previsti dalla clausola. E contemporaneamente devono cercare di neutralizzare la reazione cambogiana.
L’Ente Nazionale Risi intende partecipare al dibattimento davanti al Tribunale dell’Unione europea per sostenere le ragioni italiane: «Abbiamo lavorato per anni a questo dossier nella assoluta convinzione di essere nel giusto – spiega il presidente Paolo Carrà – perché le concessioni ai Pma (Paesi meno avanzati) ledevano le produzioni europee e di esse non godevano le popolazioni rurali della Cambogia, ma grandi società commerciali. Sosterremo le nostre ragioni».
Il ricorso è rivolto contro la Commissione europea e si fonda sul presupposto che nella procedura di inchiesta la Commissione abbia leso i diritti di difesa dei cambogiani e che sia giunta a conclusioni errate sulla base di elementi di valutazione inappropriati. La Commissione si costituirà in giudizio e lo Stato Membro Italia, in qualità di interveniente privilegiato, interverrà in giudizio.
L’Ente Nazionale Risi ha dato mandato allo studio legale che per suo conto aveva già curato l’iter dell’applicazione delle misure di salvaguardia per chiedere di essere ammesso in giudizio in qualità di parte privilegiata. Per fare ciò, a breve, l’Ente depositerà istanza di intervento in giudizio per supportare le tesi difensive della Commissione europea a tutela degli interessi della filiera risicola italiana e, indirettamente, di quella europea. Nelle prossime settimane la richiesta di intervento da parte dell’Ente (e non dello Stato italiano che comunque parteciperà di diritto al giudizio) sarà valutata dai giudici del Tribunale dell’Unione europea.
Il Tribunale è uno dei due organi giurisdizionali, insieme alla Corte di giustizia dell‘Unione europea, che compongono il sistema giurisdizionale dell‘Unione europea.
È composto da 56 giudici, due per ogni Stato membri. Per l’Italia sono appena stati nominati Ornella Porchia di Torino e Roberto Mastroianni, di Cosenza.vbIl loro mandato avrà inizio il primo settembre prossimo e scadrà il 31 agosto 2025. Porchia e Mastroianni sono stati scelti nell’ambito del rinnovo parziale della composizione del Tribunale in vista della scadenza del mandato di 23 giudici il prossimo 31 agosto. Lo svedese Nils Wahl è stato invece nominato per sostituire, a partire da ottobre, il compatriota Carl Gustav Fernlund alla Corte Ue. Professoressa ordinaria di Diritto dell’Ue all’Università degli Studi di Torino, Ornella Porchia ricopre già il ruolo di Consigliere giuridico della Rappresentanza permanente italiana presso l’Ue.
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