John Clarke, direttore degli Affari Internazionali nella direzione generale Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea, responsbile per i contatti con più Paesi, guarda oltre l’embargo russo che blocca anche molti prodotti made in Italy. Guarda all’Asia, all’Africa e lancia un appello agli Usa «per affrontare il problema e condividere regole che favoriscano l’export dei prodotti lattiero-caseari>. In altre parole: stiamo cercando di «ammorbidire» le autorità degli Stati Uniti, dove nei nostri confronti esistono barriere sanitarie fin troppo rigorose.
L’esponente di Bruxelles lo ha detto a Stresa, intervenendo al quattordicesimo Eda, l’assise delle industrie casearie con delegati e industriali provenienti da tutta Europa.
Un vertice per fare il punto sulla situazione dei mercati. «L’embargo russo – ha detto Clarke – blocca un terzo del burro e formaggio prodotto in Italia, dobbiamo diversificare e trovare nuovi sbocchi, per questo ci stiamo concentrando su acordi di libero scambio a livello mondiale. Le nuove opportunità ci arrivano dall’Asia, in particolare dalla Cina, dove esistono posibilità sia per l’ezport sia per investimenti. Altri mercati asiatici interessanti possono essere la Malaysia, la Thalandia, il Vietnam, Singapore. Ci concentriamo anche sull’Africa, dove la popolazione raddoppierà: l’area sub-sahariana sarà il maggior importatore di latte in polvere».
Presenti i massimo consorzi di tutela, dal Parmigiano a quello del Gorgonzola, gli Stati Generali del settore si sono confrontati a Stresa sulle linee da adottare. E uno degli obiettivi sarà il cosiddetto Ttip (Transatlantic Trade and Investment Pertnership), il trattato di libero scambio Ue-Usa che dovrebbe portare benefici economici, anche in termini occupazionali, sulle due sponde dell’Atlantico. «In questo ambito – dice Clarke – l’agricoltura giocherà un ruolo determinante e il mio obiettivo è migliorare l’accesso in Usa dei nostri porodotti agricoli di quali, Dop in primo piano. Le trattative non dovranno essere a senso unico, ma soddisfare tutti. Vogliamo rendere la nostra produzione più competitiva e sostenibile. C’è un altro aspetto che ci impone di aumentare l’export: la fine del regime delle quote latte proterà sicuramente a una maggiore produzione e pe questo è necessari otrovare sbocchi. Non sarà facile, perché in tutto il mondo i consumatori puntano sul protezionismo, sui orodotti locali, ecco perché occorre comunicare i benefici che deirverbbero dagli accordi bilaterali e qui il compito spetta ai politici».
Il direttore generale tocca anche il tema degli Ogm, con parole efficaci: «Il fatto che in Europa non approviamo il sistema Ogm è quasi come se ci sparassimo addosso. Occorre bilanciare l’opinione pubblica e considerare che gli agricoltori hanno necessità di acquistare mangimi meno cari. Ecco, credo che uno dei nodi sarà proprio qusto: approvare o meno i mangimi Ogm?».
Jim Higginston (inviato in missione dagli Usa in Europa): «Il Titp potrà tornare utile ai due popoli dell’Atlantico. La posta in palio è alta, ma le piccole e medie imprese potranno trarre benefici. Noi non vogliamo invadere l’Europa con porodotti americani, semplicemente deisderiamo vendere prodotti americanim riducendo gli osacoli. Entrambi abbiamo tutele incredibili, è ncessario trovare punti di convergenza, ad esempio dobbiamo concentrarci su sistemi di sicurezza più bassi e non più alti».
L’importanza cruciale p ril settore agricolo derivante dai negoziati Titp è ricnosciuto anche da Paolo De Castro, ex ministro dell’Agricoltura e presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, intervenuto in videoconferenza al meeting di Stresa: «L’export di prodotti lattiero-caseario potrebbe essere raddoppiato se si cnclude l’accordo commerciale e potremmo anche aumentare i posti di lavoro. C’è un rischio di una non consapevolezza della portato di questi negoziati. L’accordo già avvenuto con il Canada pe i lsettor caseario è molto importante, ora speriamo di estenderlo agli Usa. E’ necessaria la masima trasparenza, rendere partecipi i cittadini, anche quelli statunitensi, su uesti negoziati». (g. f. q.)
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