Il cambiamento climatico, ancora una volta, ha condizionato fortemente l’annata agraria. Al giro di boa della data tradizionale dell’11 novembre, San Martino, Confagricoltura Piemonte ha tracciato il quadro del 2024: se negli ultimi ani era stata la siccità a comandare, ora a dettare legge è stata la pioggia. Pur assicurando la riserva idrica, in realtà ha impedito un regolare andamento della raccolta per il riso, ma anche le escursioni termiche sono state condizionanti e hanno favorito l’insorgenza di fitopatie. Come ha sottolineato Federico Spanna, (settore fitosanitario sezione agrometeorologica della Regione Piemonte), che ha illustrato la fotografie generale del meteo nei mesi cruciali per le coltivazioni, partendo da lontano: dal “Ciclone d’Islanda” i cui effetti si sono riversati anche sull’Italia e il Piemonte. Fitopatie e avversità non sono gli unici problemi. L’obiettivo, come hanno rilevato Lella Bassignana direttore di Confagricoltura piemontese, e Enrico Allasia, il presidente regionale, si posa anche sulla situazione delle aziende che da ani stanno subendo una progressiva diminuzione, sia numerica sia per dimensione: Oltre l’83 delle imprese non supera i 50 mila euro di fatturato, il 73% è sotto i 25 mila. Inoltre: quindici anni fa erano 67 mila, oggi 35 mila, con una perdita media di circa 1500 l’anno.
In questo quadro – sottolinea però una nota di Confagricoltura – è interessante osservare il dato riguardante le aziende condotte da donne e quelle con titolari giovani (meno di 41 anni). Le aziende al femminile rappresentano oggi il 25,8% di quelle totali, in leggera diminuzione negli ultimi anni, nel 2018 rappresentavano infatti il 27,2% del totale. La percentuale di conduttrici giovani (22%) è però significativamente maggiore della media regionale dei titolari giovani (14,6%). Per quanto riguarda invece la tipologia di azienda, quella più rappresentata è l’agrituristica, dove le donne arrivano al 40%, in crescita negli ultimi anni (erano il 37,7% nel 2018). Secondo i dati dell’Anagrafe agricola regionale, le aziende con titolari giovani in Piemonte nel 2024 sono 5.730 e rappresentano il 14,6% del totale. Il dato è in crescita negli ultimi dieci anni, grazie anche alle politiche di sviluppo rurale attuate a partire dal 2016; nel 2015 i giovani erano infatti il 12,1%.
Allasia che positivamente poi ha commentato delle aziende agricole condotte da giovani (+16%): “Sono i portabandiera delle nuove tecniche di precisione e dell’agricoltura intelligente e contribuiscono a realizzare modelli virtuosi di produzione sufficiente, di qualità, green e sostenibile. In poche parole, sono il futuro già tangibile ora di come dovrà essere un’impresa. Andrebbero per tale motivo incrementate più misure a sostegno del ricambio generazionale”. Il direttore Lella Bassignana, intervenuta in apertura della mattinata, aveva già rimarcato il ruolo centrale della scienza, della ricerca e delle nuove generazioni: “Per garantire un futuro agli imprenditori agricoli è necessario conoscere, formare e formarsi, innovare cogliendo i vantaggi che le tecnologie moderne possono offrire e fare rete, affinché si efficientino le lavorazioni aziendali per garantire salubrità e sicurezza al consumatore. Ma sono i giovani, attraverso la loro capacità oggettiva di osservare distaccatamente le prassi aziendali, ad apportare quelle soluzioni inedite e quei metodi di lavoro più efficienti che consentono di produrre di più e con un minor impatto a parità di input”.
Il direttore della direzione Agricoltura e cibo regionale Paolo Balocco ha richiamato il ruolo fondamentale dell’Ente pubblico nell’attività di analisi del settore primario e nello sviluppo delle politiche di programmazione e indirizzo dell’agricoltura. A chiudere i lavori, il vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Luca Brondello di Brondelli, imprenditore cerealicolo e viticolo: “Dai dati esposti oggi e dalla realtà che viviamo quotidianamente, emerge chiaramente un quadro di difficoltà che coinvolge tutto il mondo agricolo. È necessario quindi che sul medio – lungo periodo e a tutti i livelli, regionale, nazionale e internazionale, vengano attuate politiche più coraggiose. Gli obiettivi? Riportare la produzione di cibo sicuro e di qualità ad un livello tale da competere lealmente ed equamente con i produttori americani e asiatici, seguendo regole di mercato ben definite e accordi multilaterali, che garantiscano reciprocità. Non per ultimo, sfatare l’illogica teoria secondo la quale i lavoratori della terra non avrebbero a cuore la natura e gli elementi che la caratterizzano: è esattamente il contrario, tant’è che a marzo di quest’anno è stata istituita la figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio”.
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