di Gianfranco Quaglia
Il 40 per cento del territorio italiano (come dire il corrispettivo di 10 milioni di ettari) è coperto da foreste. “Basterebbe questa cifra – dice la dottoressa Alessandra Stefani, direttrice generale della Direzione generale Foreste del Mipaaft (Ministero Politiche Agricole, Forestali e del Turismo) – per rendersi conto dell’importanza del patrimonio di cui l’Italia dispone, del valore paesaggistico e della difesa del territorio. Non solo: della funzione della foresta per la produzione di Co2, nel sequestro di anidride carbonica e dell’assorbimento dei metalli pesanti da parte degli alberi nelle città”.
Dottoressa Stefani, lei ha maturato lunga esperienza nell’ambito del Corpo Forestale, di cui è stata anche vicecomandante generale. Quali riflessioni le suggeriscono la sua professionalità e la conoscenza della materia in merito ai recenti catastrofici eventi che hanno flagellato tutta la penisola?
“In Italia non avevano mai assistito a un disastro così distruttivo, con una superficie così vasta danneggiata, anche se c’erano stati anni fa precedenti in Toscana; nel 1966 anno dell’alluvione di Firenze subirono gravi danni i boschi in Veneto e Trentino. Molti i casi in Europa, basti ricordare la Tempesta Lothar, il ciclone extratropicale che ha colpito l’Europa centrale nel 1999 causando distruzione in Francia, Germania e Svizzera. Ebbene, molti studiosi avevano messo in guardia anche l’Italia: attenzione – dicevano – prima o poi potrebbe arrivare qualcosa di simile anche in Italia”.
I danni causati al sistema boschivo nel Nordest d’Italia, sono stati di una proporzione enorme. Era prevedibile?
“Si calcola che nel nostro Paese ci siano almeno due miliardi di alberi. Ebbene, è stata colpito tra il 10 e il 20% della superficie forestale, ma le stime sono tuttora in corso. In particolare l’abete rosso, che pure alimenta la filiera del legno di qualità, è particolarmente soggetto a danni da vento cui è molto sensibile perché ha radici superficiali. Il vento, fortissimo, ha prodotto il classico effetto domino”.
Si poteva evitare?
“Sicuramente negli anni si sarebbe dovuto ricorrere anche a boschi composti anche da altre specie, e con classi di età diverse, ma non è stato fatto per una serie di motivi, primo fra tutti il ruolo ambientale e paesaggistico di tali aree, nonché la difficoltà a reperire fondi per avviare interventi di rinaturalizzazione. Il Corpo Forestale più volte aveva lanciato l’allarme, ma non è stato sufficiente a far comprendere che il cambio di strategia sarebbe stato un male necessario nel presente per garantire di poter resistere meglio agli eventi atmosferici, che per statistica si poteva prevedere che prima o poi avrebbero interessato anche l’Italia”.
Quindi non si può addebitare tutto e soltanto ai cambiamenti climatici di questi ultimi anni…
“La quantità di pioggia che cade sull’Italia è rimasta stabile nel tempo, è cambiata l’intensità delle precipitazioni. Certamente se la temperatura del Mar Tirreno fosse stata inferiore probabilmente non ci sarebbero stati questi eventi di questa ampiezza, con gli effetti collegati”.
Quali strategie saranno messe in campo per ricostituire quel patrimonio cancellato?
“Penso a una concertazione tra Ministero e Regioni. Probabilmente in quelle zone saranno necessari interventi di lungo respiro, oltre a quelli emergenziali; si può pensare a un sistema che affianchi alla rigenerazione naturale con specie pioniere interventi di rimboschimento che ne accelerino i risultati, ad imitazione di ciò che farebbe la natura. Esistono molte tecniche, ma è ovvio che servono fondi”.
Si è recentemente svolto a Torino il Congresso nazionale di silvicoltura. Quale futuro per i boschi italiani?
“Il congresso si tiene ogni dieci anni ed è l’occasione per fare il punto della situazione, mettere a confronto gli studi, programmare. Questo di Torino è stato il congresso con il maggiore numero di relatori (oltre 600), 915 autori di pubblicazioni, 326 argomenti, sei tavole rotonde. C’era grande interesse anche per far capire all’esterno il ruolo determinante svolto dal patrimonio boschivo nella difesa del territorio, e per la prima volta si è coinvolta la città ospite con una serie di eventi rivolti al grande pubblico. I punti principali della dichiarazione finale riguardano il decreto legislativo sulle foreste attraverso i nove decreti attuativi con un tavolo foreste-filiera legno; la gestione forestale sostenibile, da applicare caso per caso; l’urgenza di puntare sugli sgravi fiscali per gli interventi di silvicoltura; la fiscalità di vantaggio per le aree montane; l’integrazione della pianificazione con gli altri tipi di pianificazione, a partire da quella paesaggistica a quella antincendi boschivi”.
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