di Enrico Villa
Gli accordi Ue/Mercosur sono in forse. A gennaio a Davos (Svizzera) il paraguaiano ministro degli esteri Eladio Loizaga ha insistito perché il mercato comune europeo e quello sud-americano, attraverso l’abbattimento dei dazi, superassero i contrasti. Poi si è profilato il regime daziario degli Usa con Donald Trump che ha istituito balzelli su acciaio e alluminio i quali sono diventati più rigidi anche con tasse per le automobili di importazione dal Giappone e dall’Europa, ulteriormente peggiorati dalla possibile cancellazione dell’accordo nucleare Stati Uniti/Iran stipulato nel 2015 da Barack Obama e della prevista reintroduzione delle sanzioni verso l’importante paese medio orientale.
Secondo le analisi internazionali, l’antagonismo Usa/Iran ha riproposto una crisi diplomatica Unione Europea-Stati Uniti con una netta posizione assunta da Jean-Claude Juncker presidente della Commissione Europea. Tuttavia, i futuri risvolti non sono unicamente economici. La rottura degli Stati Uniti con l’Iran ha introdotto una forte instabilità che sta coinvolgendo la Siria già martoriata dalla guerra, Israele, l’Iraq, il Libano dove stazionano i nostri soldati, l’Arabia Saudita. Un mercato forse promettente potrebbe essere ridotto o cancellato per anni.
Infatti, il 10 maggio scorso sotto il titolo Iran, con stop accordo a rischio record alimentare (+ 27%) la Coltivatori Diretti nazionale ha messo il dito nella piaga: è possibile che l’Iran da mercato promettente si ritrasformi in uno dei mille partner con acquisti assai ridotti a causa del blocco dello sviluppo nucleare nella repubblica iraniana. Infatti l’accordo firmato da Barack Obama aveva favorito una crescita record in Iran del 43% nell’agroalimentare italiano, gradito dalla classe media iraniana, in olio d’oliva, pasta, formaggi. Forse il cambiamento del corso geopolitico determinerà il crollo dell’export così promettente, mentre le cifre statistiche indicano, appunto, una economia sempre penalizzata a causa di drammatici eventi bellici. In queste settimane, anche se non sempre la guerra incombe, gli scenari economici si stanno tingendo di grigio, soprattutto se considerati dall’Europa comunitaria e dall’Italia per l’agroalimentare.
Infatti sulla nostra economia agricola incombe anche il Ceta (Comprehensive Ecomomic and Trade Agreement, dizione inglese) stipulato fra Commissione Europea e Canada, dal 21 settembre 2017 in realtà aprendo le frontiere e perseguendo una globalizzazione a senso unico stando alle valutazioni del francese Pierre Moscovici commissario della Comunità. In effetti il Ceta, avversato fortemente dalla Vallonia belga e dall’Italia, favorirebbe più aggressioni ai danni dell’Italia e dell’Europa Comunitaria: il grano senza dazio colpendo il cereale italiano e francese, i prodotti agroalimentari canadesi taroccati, il perseguimento della globalizzazione senza alcun freno di carattere doganale. A proposito del riso, la presa di posizione formale di Paolo Carrà, presidente Ente Risi contro la possibile importazione a dazio zero di 45.000 tonnellate dai paesi del Mercosur (Il Risicoltore del marzo scorso).
Ma considerato dalla Comunità Europea e dall’Italia una bomba ad orologeria senza alcune correzioni ritenute sostanziali, potrebbe proprio essere il prossimo trattato di natura commerciale fra Unione Europea e Mercosul (mercato comune dei paesi sud americani). Le associazioni imprenditoriali sono avverse al trattato con il Mercosul così com’è. Le trattative per concludere positivamente vanno avanti da 19 anni. E dai paesi sudamericani, in primis il Brasile e l’Argentina, i loro diplomatici evidenziano un aspetto principale: i 12 paesi aderenti al Mercosul rappresenterebbero un mercato promettente di 250 milioni di abitanti
In sé la cifra alletterebbe gli imprenditori europei i quali per fatti corruttivi in Brasile non si dimenticano però di quanto è avvenuto a metà del 2017: tonnellate di carne avariata (carne fraca) che ha invaso i circuiti di distribuzione europei. E questo non ha riguardano soltanto i bovini con mezzene trattate da acido citrico ma anche i polli truccati con cartone e i maiali. Sia l’Italia che l’Europa comunitaria, più la Cina, hanno detto stop alle importazioni. Ovviamente questo evento globale ha contribuito a fare diminuire la fiducia nei firmatari del Trattato di Asuncion sottoscritto il 26 marzo 1991, vale a dire Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Venezuela poi sospeso, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù, Messico, Nuova Zelanda. Dominante è il Brasile con 7.820 tonnellate di riso prodotto, accusato di frodi della “carne marcia” che detiene il 77% circa economico agricolo (agroalimentare, succhi, bevande, appunto riso, soia, caffè) rispetto all’Argentina (20%), l’Uruguay (il 2%), il Paraguay (l’1%). Se il trattato fosse così concluso al quale ugualmente si oppongono Italia, Francia, Polonia, Irlanda, l’Europa potrebbe essere invasa dai bovini, dai polli, dai maiali e forse dal riso brasiliani fra i maggiori produttori grazie al possibile dazio zero nella misura in 144 mila tonnellate di carni bovine e di cereali. Non solo, come ha riferito Il Sole 24 Ore, tuttavia con una puntualizzazione da parte dal Consorzio di tutela della bresaola valtellinese: la bresaola tratta dai bovini brasiliani, poi trasferita in Valtellina per la maturazione. Un IGP del made in Italy, aggiunto ai tanti altri, ha corso il rischio di essere taroccato, sicuramente in omaggio alla globalizzazione e ai trattari commerciali però con tante lacune, come per il dazio zero è accusata la Cee.
You must be logged in to post a comment Login