Il «mare a quadretti» è a rischio. La grande risaia italiana, leader in Europa, potrebbe subire un forte ridimensionamento già a partire dalla prossima primavera e rimpicciolirsi, lasciando spazio a mais e soia, cereali più apprezzati sul mercato. Il crollo delle quotazioni del riso made in Italy è diventato insostenibile. Giuseppe Ferraris, responsabile nazionale del settore riso di Confagricoltura, lancia l’allarme: «Di questo passo cambierà anche il paesaggio della pianura piemontese e lombarda: meno risaie e più campi di mais destinato all’energia verde. Impossibile resistere ancora, se non ci sarà un’inversione di tendenza molte aziende saranno destinate a chiudere».
L’avvisaglia di un collasso si era avuta già l’anno scorso, quando la varietà Carnaroli (simbolo del risotto made in Italy) aveva subito un drastico deprezzamento su tutte le principali piazze, sino a perdere il 50 per cento. Via via, tutte le altre sono andate a rimorchio, con l’unica eccezione del Baldo che trova ancora qualche sbocco in Turchia.
Il fatto è che la risaia italiana tre anni fa copriva oltre 246 mila ettari, poi è passata a 219 mila e – secondo le previsioni scenderebbe ancora.
Un tonfo, in caduta libera senza rete. Così i prezzi del riso, di cui l’Italia è leader in Europa, hanno toccato il minimo storico, dopo che nel 2011 avevano raggiunto il record opposto. Se non si arresta la tendenza, le 4.500 aziende produttrici rischiano il tracollo, con ripercussioni sull’economia di un intero territorio, da Vercelli a Novara e Pavia e Milano.
Un ritorno ai tempi di «Riso Amaro»? Ma questa volta non per il duro lavoro delle mondariso (scomparse o solo in parte sostituite dai cinesi) ma per le imprese agricole, che puntano il dito contro la speculazione e chiamano in causa i colossi dell’industria trasformatrice.
E poi ci sono anche altri aspetti che preoccupano. Giancarlo Ramella, direttore di Coldiretti Novara: «I costi di produzione, ad esempio, fatture non trascurabile. Nell’ultima campagna i risicoltori hanno dovuto subire i contraccolpi determinati dall’avverso andamento meteo, si all’inizio sia a fine campagna».
Pe Giovanni Cardone, responsabile Cia: «I prezzi non sono quelli che gli agricoltori si aspettavano. Soprattutto le varietà da export sono state quelle più penalizzate».
E sul fronte dell’import-export c’è l’insidia del prodotto che arriva dall’estremo Oriente e invadono l’Europa a dazi agevolati o zero. Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi: «La filiera risicola europea è assolutamente risoluta e unita per evitare che il nostro comparto subisca penalizzazioni legate a scelte passate e che oggi non hanno più un fondamento di carattere umanitario e sociale».
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