“Non dire gatto sin quando non ce l’hai nel sacco…”. Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi, esordisce con il vecchio adagio reso celebre dal “Trap”, Giovanni Trapattoni prudente nelle previsioni prepartita. Alla vigilia del 4 dicembre, forse anche il 5, le due giornate che potrebbero segnare la svolta per la risicoltura italiana e europea, non si sbilancia sull’esito del voto che uscirà dall’ESP (Sistema delle Preferenze Generalizzate) di Bruxelles, dove i rappresentanti dei 28 paesi dovranno esprimersi sull’indicazione della Commissione Europea che ha accoltole richieste del mondo risicolo: applicazione della clausola di salvaguardia contro l’import dal Sudest asiatico con la reintroduzione dei dazi. Un primo passo positivo, tutto quindi lascia prevedere in una conclusione favorevole, ma i contrari possono essere in agguato, considerati i notevoli interessi in gioco. Un risultato, comunque, è già stato raggiunto. E Carrà lo ha sottolineato alla sala convegni della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, al Meet Up On Friday (I Venerdì della Fondazione), dedicato al riso e al mondo dell’industria di trasformazione. “E’ la prima volta che il sistema Italia è riuscito a ottenere qualcosa che nessuno ha mai ottenuto in UE – ha detto Carrà -. La Commissione ha voluto vedere numeri e dati e si è resa conto della situazione: negli ultimi anni l’importazione è cresciuta del 3.600 per cento. De la clausola sarà adottata le importazioni di riso bianco lavorato saranno assoggettate per il primo ano a un dazio di 175 euro/tonnellata, 150 il secondo anno, 125 il terzo. ora la Commissione ci dà l’opportunità di rifornire il mercato di riso Indica e le riserie dovranno tornare a riconquistare il mercato perso”.
E Quirino Barone, coordinatore del convegno e vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio, ha dato la parola proprio agli industriali. A cominciare da Gianluca Pesce, amministratore e responsabile commerciale di Riso Scotti (in rappresentanza di Dario Scotti, il gruppo che fattura 250 milioni di euro l’anno lavorando due milioni di quintali. “Il riso – ha sottolineato – è prodotto con grandi potenzialità di ulteriore sviluppo in settori come il food service o nel delivering ed è apprezzato anche dai consumatori di nuova generazione per essere green e considerato etnico ad esempio dal mercato Usa”.
Salvador Loring, di Ebrofood/Mundi Riso, colosso da 2,5 miliardi di euro di fatturato annuo, oltre 6 mila dipendenti in tutto il mondo: “Il riso è un prodotto primario che sta ottenendo un clamoroso successo. Non va dimenticato che oltre la metà del riso europeo è coltivato in Italia, dove però è consumato nella misura del 30-35 per cento. Un particolare è stato sottolineato da Loring: per quanto riguarda Ebro oggi circa la metà del fatturato annuo proviene dal riso e l’altra metà dalla pasta, con il primo in ascesa sulla seconda.
Mario Francese, amministratore delegato di Euricom, presidente di Airi (Associazione industrie risiere italiane), che ha investito sulla crescita industriale radicata in Europa (quattro stabilimenti in Italia, gli altri in Spagna, Portogallo, Grecia), con un fatturato di 430 milioni di euro. E’ un momento favorevole per il riso – ha sottolineato Francese – perché è un prodotto salutistico, digeribile, sicuro. E anche per il successo di tutti i derivati (i crackers, le gallette, la pasta di riso, i dolci). Non ultimo il latte di riso (salito del 20% di vendite solo nell’ultimo anno).
Alla fine Quirino Barone ha lanciato una sfida-proposta sulla possibilità di analizzare la nascita di un’alleanza strategica tra grandi industrie e produttori di riso per affrontare insieme le sfide del futuro. (g. f. q.)
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