di Gianfranco Quaglia
Giuseppe Ferraris, novarese, responsabile nazionale del settore riso di Confagricoltura, è amareggiato. Anzi, furibondo. Bersaglio: il compromesso politico raggiunto il 27 maggio tra gli assessori all’agricoltura delle regioni e il ministro Martina sulla ripartizione dei fondi Pac (Politica agricola comune).
Che cosa non è andato per il giusto verso?
«Lo dico con amarezza e rammarico. Ci aspettavamo molto di più, per un settore fortemente localizzato, assai penalizzato dalla riforma della Pac e in particolare dalla convergenza e alle prese con un mercato in forte disequilibrio per effetto delle importazioni selvagge dall’Asia».
In particolare che cosa è mancato?
«Non si è tenuto conto di tutte le specificità e ora non resta che sperare nelle prossime mosse e negli interventi di politica agraria che saranno assunti a livello europeo, nazionale e regionale. Mi riferisco in primo luogo all’introduzione di misure come la clausola di salvaguardia, per mettere sotto controllo i flussi di importazione dalla Cambogia. A livello nazionale invece mi aspetto che si metta mano ad almeno due argomenti: le nuove disposizioni per rilanciare il ruolo delle organizzazioni di produttori e la questione dei prodotti per la difesa delle colture, considerata la carenza di alternative dopo i recenti interventi. Tornando all’accordo per l’applizazione della Pac il rammarico per i risicoltori è il trattamento che ci è stato riservato nella decisione relativa agli aiuti accoppiati. Il settore meritava senz’altro di più, considerate la situazione di criticità nella quale si trova, il ruolo economico, sociale e ambientale. C’è stata insensibilità e poca considerazione, preferendo privilegiare altri comparti produttivi. Come produttore di riso e come rappresentante del settore sono deluso e persuaso che lo sbaglio sia ststo clamoroso».
La ripartizione dei fondi Pac è definitiva e inappellabile?
«Non è da trascurare la possibilità che entro il 2016 si esegua una valutazione di come la riforma Pac abbia inciso e si abbia il coraggio di cambiare, qualora si constati che ci siano stati dei problemi. Per fortuna questa clausola di revisione è prevista sia nei regolamenti europei che nell’accordo politico nazionale».
E a livello regionale?
«La Regione Piemonte potrebbe giocare un ruolo importante, per cercare di rimediare ai problemi creati dall’accordo nazionale. Spero che presto ci sarà l’assessore designato e che sia una peesona competente e con capacità di comprendere i problemi e ascoltare i rappresentanti del mondo economico. Credo sia il caso di ricordare che anche in Piemonte è stato costituito il coordinamento di Agrinsieme e che include le organizzazioni agricole e la cooperazione agroalimentare. La Regione ha la grande responsabilità di formulare, gestire e applicare la nuova politica di sviluppo rurale per il settennio 2014-2020».
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