La lamentazione degli agricoltori è proverbiale e proprio per questo talvolta inascoltata. Ma negli ultimi mesi, diciamo pure da un anno, i risicoltori hanno di che lagnarsi a causa del crollo dei prezzi e delle importazioni che non danno tregua. Tuttavia può accadere che un singolo episodio in controtendenza getti ombre sul settore, quantomeno faccia riflettere. La denuncia arriva da Confagricoltura e Cia di Novara e Verbano Cusio Ossola, i cui presidenti (Paola Battioli e Manrico Brustia) sono furibondi. Quanto accaduto si presta a più di una considerazione e invita in ogni caso a riflettere: siamo a Novara, dove l’Ospedale Maggiore, sta conducendo l’alienazione di una ventina di aziende agricole per recuperare finanziamenti base necessari alla realizzazione della futura Città del Salute. Nell’ambito di questa vasta operazione di dismissione ha messo all’asta anche uno di questi cascinali, con annesso terreno coltivato a riso. Ebbene, un imprenditore agricolo si è fatto avanti offrendo poco meno di 100 euro a pertica milanese (circa 15 ettari) per aggiudicarsi la conduzione in affitto. Il calcolo è presto fatto: la superficie coltivata è di 957 pertiche, quindi quell’agircoltore dovrebbe versare ogni anno quasi 100 mila euro. Una cifra considerevole, molto superiore alla media dei contratti d’affitto in essere (che variano tra i 30 e i 40 euro la pertica). L’offerta è più del doppio, insostenibile considerando i costi di produzione e le quotazioni del riso sui principali mercati. In altre parole: quell’imprenditore agricolo, così generoso, non riuscirebbe mai a totalizzare un ricavo ma neppure il “break even”, il pareggio di bilancio. Fatti suoi, si potrebbe dire. Ma non è così. “Se la sostenibilità economica di una scelta aziendale riguarda la singola impresa e il singolo imprendutore, non si possono tacere i riflessi e i conseguenti effetti che scelte di questo tipo generano sul contesto circostante o, per essere più precisi, sul lavoro svolto dalle altre aziende agricole e sui loro bilanci”. Così i due presidenti, che lanciano l’allarme: “L’offerta ha lo stesso effetto di un macigno lanciato sul complesso e faticoso punto di equilibrio tra la proprietà fondiaria e le associazioni degli agricoltori nell’individuazione di un canone d’affitto sostenibile per i conduttori e accetato dai proprietari”.
Insomma, un harakiri, che rischia di ottenere ricadute destabilizzanti con una rincorsa all’aumento dei canoni nel momento in cui il prezzo del risone è ai suoi minimi storici. Di più: l’effetto virale potrebbe arrivare sino a Bruxelles, con un impatto negativo sul difficile confronto in atto per l’applicazione o meno della clausola di salvaguardia alle importazioni. Non solo: anche riflessioni sul badget che la futura Politica agricola comune dovrà esaminare per i risicoltori. Detto in parole semplici qualcuno potrebbe porsi una domanda: cari risicoltori, se vi offrite di triplicare il pagamento del canone richiesto perché chiedete ancora soldi all’Unione Europea? Difficile trovare una spiegazione accettabile.
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