La notizia è già metabolizzata: nel secondo trimestre del 2017 il Pil italiano è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, dell’1,5% rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. L’aumento tendenziale è il più alto registrato negli ultimi sei anni. Tutti i settori, o quasi, in crescita, tranne l’agricoltura. Una inversione di tendenza rispetto all’andamento che proprio il settore primario ha fatto registrare in questo lungo arco di crisi, durante il quale si è sempre detto che l’agricoltura ha tenuto facendo registrare anche incoraggianti segnali sul fronte dell’occupazione. Allora che cosa è accaduto improvvisamente? Il calo – sostiene Coldiretti – è dovuto anche ai problemi legati al clima che hanno causato danni alle colture per due miliardi di euro, mettendo in ginocchio molti comparti: danneggiate quasi tutte le produzioni, dagli ortaggi ai cereali e alla frutta, compreso il settore apistico che in alcune zone d’Italia subisce perdite sino al 70 per cento. E poi il crollo dei prezzi: un chilogrammo dio pesche pagate al coltivatore meno di un sms, un calo del 34% per i cocomeri, del 44 per i meloni e del 45 per i cavolfiori. Ancora: meno 40% per i pomodorini.
Tutta colpa delle condizioni climatiche? Sarebbe tropo facile rispondere di sì e circoscrivere il problema. In realtà la tendenza al ribasso era partita molto prima che arrivasse Lucifero, come è stato battezzato il grande caldo. La realtà è ben diversa: all’origine del crollo delle quotazioni all’origine è l’invasione di prodotti straniera, in particolare la frutta, spesso spacciata per italiana, con un’importazione che sfiora i 4 miliardi di chili l’anno. Non a caso il frutteto italiano si è ridotto di un terzo negli ultimi quindici anni con la scomparsa di oltre 140 mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche.
A proposito di import selvaggio. Ne sanno qualcosa i risicoltori, in trincea da un anno sul fronte della battaglia contro l’import selvaggio di riso dal Sudest asiatico nell’area Ue. I prezzi praticati al produttore per alcune varietà pregiate come il Carnaroli sono crollati del 50-60 per cento; per tutte le altre veleggiano nettamente sotto i costi di produzione. Impossibile continuare se non ci fosse il contributo Pac, che quasi sempre arriva in ritardo. Sono soltanto alcuni esempi negativi, che spiegano perché l’agricoltura non può partecipare alla festa e agli entusiasmi dell’improvviso balzo del Pil.
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