di Enrico Villa
E’ aggressiva e fastidiosa. Di preferenza si annida nelle biancherie e nei panni stesi al sole perché cerca il tepore. Quando la individui e la schiacci puzza a lungo, e l’odore persiste negli ambienti chiusi. La cimice asiatica, regalataci dalla Cina e dal Sud Est asiatico, in Italia da alcuni anni è diventata una incognita che insidia le coltivazioni, in particolare il nocciolo e gli altri frutti a guscio, che in Piemonte cresce al ritmo di 1000 ettari all’anno.
Anche l’Olanda ha appena infierito sulla varietà Tonda gentile delle Langhe, ordinandone la cancellazione dal registro varietale. Ma non è l’unico pericolo che incombe sui noccioleti e su altre colture diffuse: ciliegio, albicocco, mirtilli, melo, soia, diversi cereali, forse anche il riso. I ricercatori specialisti della Fondazione Agrion (Maria Corte e Claudio Sonnati) alla nocciola in Piemonte, vittima designata della cimice asiatica, hanno dedicato una recente pubblicazione. E la stessa consistente vigilanza è stata avviata dall’Università di Torino, dal Settore Fitosanitario della Regione Piemonte, dalla Cassa di Risparmio cuneese. E la Bayer ha appena ottenuto l’autorizzazione per l’impiego contro l’halyomorpha halys (appunto, la cimice asiatica) di prodotti per la distruzione chimica dell’insetto. Parlando delle tecniche agronomiche e di difesa dalla cimice asiatica, la ricercatrice Maria Corte osserva: Saranno il punto chiave del coordinamento corilicolo per la campagna 2017.
Quando nel 1998 la cimice asiatica arrivò negli Stati Uniti, le autorità agrarie degli States si limitarono a osservare: è considerato un insetto dannoso all’agricoltura e dal 2010/11 è diventato un fitofago stabile dei frutteti americani. Però l’atteggiamento è parzialmente mutato subito dopo, in Italia e in Europa quando la cimice asiatica è diventata quasi come una incontenibile “alluvione naturale”, e nel 2012 è stata individuata in Emilia nonché studiata dalla Università di Modena e Reggio Emilia. Successivamente, al ritmo di una generazione all’anno e con il deposito fra 100 e 500 uova per soggetto, il fastidioso e dannosissimo insetto si è imposto nelle coltivazioni delicate della Pianura Padana. Osservano gli esperti di entomologia che le stesse uova si schiudono in cinquanta giorni, favorite dal calore. E a quel punto l’insetto si annida nelle coltivazioni deformandone i frutti, come è documentato nel volume Nocciole in Piemonte della Fondazione Agrion. Nell’ambito della difesa – evidenzia Claudio Sonnati – abbiamo dedicato un capitolo alla necrosi batterica, con i risultati della prova sperimentale condotta nell’area di Cherasco. Fra le altre tecniche vi è quella del frappage, cioè lo scuotimento nelle prime ore del mattino quando la cimice asiatica, ancora un po’ addormentata, cade a terra e può essere distrutta. A parte i metodi agronomici e chimici prospettati dalla Bayer, esiste anche un predatore nemico irriducibile della Halyomorha Halis. E’ il Trissolcus japonicus, un grosso imenottero impiegato dagli agricoltori cinesi per scongiurare le aggressioni dell’insetto nemico. In realtà il Trissolcus Japonica è una grossa vespa famelica, catalogato così secondo un linguaggio non proprio entomologico.
I danni negli ultimi anni provocati alle coltivazione dalla cimice asiatica e la lotta intrapresa contro la stessa, hanno in positivo fatto cadere maggiore attenzione sulla corilicoltura e la dilatazione dei noccioleti in Piemonte, Lazio, Campania, Sicilia, con una superficie di oltre 70 mila ettari e che riguardano per l’utilizzo indirettamente le industrie dolciarie di Alba e di Novi Ligure. Quasi tutte le organizzazioni agricole (Confagricoltura, Cia, Coldiretti) hanno promosso recenti summit di settore e convegni a Cuneo, Alessandria, Asti, in Lazio. Contemporaneamente della nocciola, attentatrice della cimice asiatica, si stanno ampiamente interessando la dietologia e la scienza. Il professor Attilio Giacosa (Policlinico di Monza) e la professoressa Mariangela Rondanelli (Università di Pavia) che solitamente si occupano del riso e delle sue capacità nutritive, più recentemente si sono interessati di corilicoltura, anche proponendo un “decalogo” con questo sottotitolo: Nocciole: qualità, gusto e salute. Il decalogo di Giacosa e della Rondanelli spiega che la nocciola è ricca di “grassi buoni”(64%) i quali combattono il colesterolo, e che il frutto(665 kcal) contiene in sé sostanze simili all’olio d’oliva. Però gli italiani ne consumano soltanto 3 chilogrammi all’anno, vale a dire 30/40 grammi al giorno, gustando soprattutto i dolci di cui la nocciola è un ingrediente basilare. L’Italia, pur essendo fra i maggiori produttori di nocciola al mondo, possiede soltanto l’80% del nostro fabbisogno. Esse, secondo i professori Giacosa e Rondanelli, sono essenziali ai fini della dieta mediterranea per cui, per motivi salutistici, il suo consumo andrebbe incrementato. E questo avverrebbe senza indurre un aumento del peso corporeo, anche se la qualità di lipidi e di calorie in una porzione è elevata.
In sostanza: le nocciole sono delle miniere di antiossidanti essenziali per la nostra vita e che – se non arrestata, la diffusione della cimice asiatica nonché le patologie vegetali che provoca – potrebbero in futuro provocare disastri ecologici di cui – ribadisce indirettamente il “decalogo” – bisognerà tenere conto, come stanno facendo Fondazione Agrion, Servizio Fitosanitario della Regione Piemonte, Università di Torino.
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