Il Carnaroli, varietà di riso Made in Italy più apprezzata dai gourmet e dagli chef per la sua forte tenuta alla cottura, è stato salvato dallo “scippo legale” del nome così come ha definito il tentativo il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà. Il riso è stato al centro di una battaglia che si è combattuta a livello europeo, sul filo dei distinguo e delle carte bollate. E l’Ente Nazionale Risi, esercitando la propria funzione di organismo di tutela del riso italiano, è sceso in campo come soggetto parte lesa, impedendo a un privato di registrare a livello europeo il marchio “Carnaroli”: ciò gli avrebbe permesso di vendere con questo nome risone, riso lavorato, prodotti trasformati e servizi di ristorazione.
Tutto è cominciato nel dicembre del 2016, quando un privato ha depositato all’ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale una domanda di registrazione della denominazione “Carnaroli” per una molteplicità di prodotti e servizi (riso, torte di riso, snack a base di riso, cereali in chicchi non lavorati, riso non lavorato, servizi di ristorazione). Il misterioso privato sarebbe un lombardo, il cui cognome è Carnaroli, ma che non c’entra nulla con il riso ottenuto da un incrocio tra Vialone Nano e Lencino nel 1945 in un’azienda agricola a Paullo (MI), ad opera del risicoltore paullese Angelo De Vecchi. La varietà, secondo la storia, sarebbe stata dedicata al nome del suo collaboratore più diretto, appunto Carnaroli, il quale riuscì a selezionare la varietà pregiata dopo molti tentativi e incroci.
Ora un altro Carnaroli avrebbe tentato di aggirare gli ostacoli burocratici, avere il via libera e “scippare” appunto la denominazione.
L’Ente Nazionale Risi si è opposto al benestare dell’ufficio europeo e l’esame è stato riaperto, concludendosi il 20 giugno 2017 con il respingimento della domanda e dei ricorsi presentati dal richiedente il marchio.
In particolare, l’Ente Nazionale Risi ha dimostrato che il nome “Carnaroli” è descrittivo e non distintivo: per questo non può essere registrato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Inoltre, è stato sottolineato, un marchio registrato “Carnaroli” sarebbe ingannevole e creerebbe «un ingiustificato privilegio» per un singolo soggetto.
«Un successo importante – commenta il presidente Paolo Carrà – che conferma l’efficacia dell’azione dell’Ente nella tutela delle varietà di riso italiano. Se non avessimo vigilato e non ci fossimo opposti, un privato si sarebbe appropriato del lavoro di valorizzazione portato avanti dal 1974 dalla filiera italiana e sarebbe stata compromessa la stessa legge sul mercato interno, che il governo sta concludendo. Abbiamo sventato lo “scippo legale” del nome di una varietà su cui si è investito tanto e che è sinonimo di risotto».
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