Leonardi: il Canada venderà il suo gorgonzola ma dovrà indicare l’imitazione

Leonardi: il Canada venderà il suo gorgonzola ma dovrà indicare l’imitazione

Per Fabio Leonardi, amministratore delegato della Igor e vicepresidente del Consorzio di tutela del formaggio gorgonzola, l’accordo Ceta non è negativo. “Anzi – è una opportunità per tutelare la nostra produzione, in particolare quella casearia e nella fattispecie il nostro gorgonzola. Mi spiego meglio: il Nordamerica è sempre stato un continente in cui c’era libertà assoluta e non rispetto per le nostre produzioni. Dopo l’accordo stipulato con il Canada possiamo esportare verso il Canada 17.500 tonnellate aggiuntive di formaggi made in Italy a dazio zero”.
Ma il gorgonzola non rientra nella lista dei prodotti d’origine protetti. Come mai?

“Il gorgonzola è stato usato come agnello sacrificale in questa trattativa lunga, frutto di una battaglia cominciata anni fa e nella quale mi sono battuto in prima persona. Tuttavia Il risultato finale è positivo: oggi, con il Ceta, per Grana padano, Parmigiano Reggiano e altri formaggi è stata raggiunta la protezione assoluta della denominazione. Asiago, Fontina e Gorgonzola continueranno a essere considerati dal Canada come generiche”.

E allora dove sta il vantaggio?

“I canadesi potranno produrre gorgonzola similare, venderlo con lo stesso nome. Ma attenzione, per il consumatore finale dovrà essere specificata l’indicazione della vera origine del prodotto e il fatto che si tratta di imitazione dell’originale. Non solo: dovranno essere ben visibili anche tipo, stile, ed eliminato qualsiasi richiamo all’Italian style. Non basta: sarà concesso di produrlo soltanto a coloro che possono dimostrare che la produzione era antecedente al 2013. Insomma, una serie di limitazioni che dovrebbero andare a tutela del nostro erborinato, rendendo più difficile l’imitazione, la confusione e i raggiri d’immagine attraverso l’Italian sounding”.

Ceta primo passo verso altri accordi e altre tutele, ad esempio gli Stati Uniti?

“Lì è tutto molto più difficile, le lobby statunitensi dell’agroalimentare sono coriacee ed è quasi impossibile convincere gli americani a scendere a compromessi. Sarebbe già un grande traguardo ottenere la metà del risultato conseguito con il Canada. Vorrei invece porre l’accento su un’altra intesa, la firma dell’accordo bilaterale di libero scambio Ue-Giappone. Anche qui per l’agroalimentare italiano i vantaggi non sono irrilevanti: è stato ipotizzato che l’export dall’Unione Europea verso Tokyo dovrebbe aumentare del 180 per cento”.

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