Il titolo con il quale l’Ente Nazionale Risi commenta la situazione delle importazioni dal Sudest asiatico è esplicito: Unione europea suddita dalla Cambogia. Ed è la conclusione esplicitata dalla filiera del riso che ha incontrato i parlamentari della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati durante un’audizione in cui l’Ente Risi è stato rappresentato dal direttore generale Roberto Magnaghi. Il risultato dell’audizione è una grande intesa sulla necessità di difendere il riso italiano dalle importazioni agevolate, anche attraverso le 5 strategie emerse dalla riunione degli Stati Generali del riso del 20 febbraio (che il riso sia escluso dalle concessioni sulle importazioni, che sia rivisto il regolamento che impedisce l’applicazione della clausola di salvaguardia, che siano fissate «regole reciproche» tra l’Ue e i Paesi terzi in modo che sia sul piano fitosanitario che su quello commerciale il riso europeo non sia svantaggiato rispetto al prodotto d’importazione, che la Pac mantenga il requisito della “specificità” del riso, prevedendo quindi strumenti ad hoc per questo comparto e che siano lanciate campagne promozionali con fondi europei). Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri e il presidente del gruppo riso del Copa Cogeca, Giuseppe Ferraris, hanno espresso anche proprie richieste specifiche. Ora spetterà ai parlamentari tradurre queste istanze in azioni istituzionali. Nel corso dell’audizione, l’Ente Risi ha dimostrato, sulla base dei dati europei, che l’accordo Eba ha creato una situazione paradossale: partendo dal presupposto di incentivare lo sviluppo dei paesi meno avanzati, si è resa l’Unione europea dipendente dalla Cambogia per l’approvvigionamento di riso lavorato. Dal Paese asiatico arriva infatti il 36% di tutto il riso importato dall’Ue in confezioni tra 5 e 20 chili (la Thailandia si ferma al 31%) e un ulteriore 8% del riso importato in confezioni fino a 5 chilogrammi: nel 2016 è diventato il primo fornitore comunitario di riso con il 23,4%. Quest’invasione ha comportato un incremento delle importazioni anche in Italia e uno squilibrio nella risicoltura: poiché circa il 70% delle importazioni, per effetto di diverse concessioni, non paga dazio e si tratta quasi esclusivamente di riso indica, i risicoltori italiani, consapevoli della minore competitività in questo segmento di mercato, hanno concentrato gli investimenti sul riso japonica, innescando il ribasso dei prezzi anche tra le varietà da risotto e una crisi generalizzata del settore. Le previsioni della Commissione europea – ha sottolineato l’Ente Risi – secondo cui si attende per i prossimi anni un incremento nella domanda per effetto di maggiori consumi ma anche un incremento delle importazioni capace di assorbirla, preoccupano l’Italia e dovrebbero preoccupare anche Bruxelles: il dazio pieno ammonta a 175 euro a tonnellata di riso lavorato e queste concessioni producono una perdita finanziaria importante che non ha riscontro in termini di sviluppo dei Pma, in quanto è stato appurato che questi aiuti non aumentano se non in misura minima i prezzi all’origine e quindi il reddito dei contadini cambogiani. Questa “sudditanza” dell’Europa dalla Cambogia, ha concluso quindi l’Ente Risi, crea problemi di sovranità alimentare ma anche di cooperazione, perché si impoverisce l’Ue senza generare sviluppo nei Pma
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