Quando i campi diventano discariche a cielo aperto

Quando i campi diventano discariche a cielo aperto

di Enrico Villa

I contenitori di fitofarmaci in plastica, sono talvolta abbandonati in campagna dopo l’uso. C’è di più: sul territorio agricolo che produce riso, mais, ortaggi, la tendenza è di non impedire la formazione di piccole discariche. Inoltre, grandi discariche che rilasciano liquami, inevitabilmente inquinano le acque pulite di cui l’agricoltura non può assolutamente fare a meno. La situazione è aggravata dagli insetti e dai vegetali con l’origine a migliaia di chilometri che all’improvviso compaiono sul territorio produttivo, o canali di distribuzione irrigua. L’ultima volta in ordine di tempo è accaduto nelle acque del Po con il Myriophyllum aquaticum, individuato dalla Direzione Ambiente della Regione Piemonte.

Quest’ultima ha messo sotto controllo le acque del principale fiume italiano, da cui dipende la coltivazione del riso, e di appurare l’origine in Piemonte e in Lombardia (Ticino, Olona ed altri) del Myriophyllum acquaticum. La Regione Piemonte ha fatto una scoperta, della quale dovremmo ovviamente essere abituati, da quando è in atto la globalizzazione che muove una miriade di veicoli e, in aggiunta, la cattiva educazione dei cosiddetti abitanti urbani. Presumibilmente questo vegetale infestante, di origine sudamericana, è utilizzata negli acquari domestici. Pertanto, attraverso gli scarichi arriva nelle acque del Po e di altri corsi e prolifera richiedendo il ricorso ad interventi fitosanitari.

L’Agricoltore (Confagricoltura di Vercelli e di Biella, direttore l’agronomo Paolo Guttardi) nel suo ultimo numero del 15 maggio 2017 ha dedicato ampio spazio e articoli alla riduzione dei fitofarmaci in risaia, sotto osservazione a causa dell’aggressione al riso orientale il quale in Oriente cresce con sovrabbondanza di formulati vietati in Italia e in Europa. Il periodico con tre titoli efficaci ribadisce l’attuale realtà che, in parte, complicherebbe la vicenda della crisi economica e dei prezzi non più remunerativi. Eccoli: Fitofarmaci italiani sicuri; Rifiuti, il mondo agricolo ricicla; Specie aliene infestano la risaia; Prodotti fitosanitari e regolamenti. Nell’ editoriale del periodico Giovanni Perinotti, presidente di Confagricoltura Vercelli-Biella si riferisce, in particolare, alla crisi del riso usando un linguaggio efficace. Egli, infatti, sostiene che occorreva convincersi che bisognava abbandonare la “solitudinedel risicoltore, che si doveva pensare ad agire come gruppi di persone e non come aziende singole. In realtà il discorso avviato dal presidente Perinotti, che validamente anche riguarda le assicurazioni per proteggere i raccolti, si amplia coinvolgendo il territorio e, in effetti, la sua peculiarità fondamentalmente rappresentata dal riso. In altre parole: territorio il più possibile pulito e raccolti abbondanti, ma soprattutto di giusto valore.

I dati statistici e naturalistici correnti, in aggiunta ai progetti di organizzazioni indipendenti, tracciano uno scenario territoriale che premierebbe se si tenesse conto di diversi aspetti, alcuni dei quali appunto evidenziati da L’Agricoltore. Oltre che dalla Myriophillus acquaticum le coltivazioni sono insidiate dalla cimice asiatica, dal moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzuki) e dalla Popillia Japonica , più le nutrie che sconvolgono gli argini di risaia e, nell’ambito dell’allevamento del bestiame in montagna, i lupi nonché i cinghiali i quali starebbero scorrazzando nelle grandi città italiane. Però – e anche questo è evidenziato dall’Agricoltore – le aziende agricole dove non si può fare a meno dei fitofarmaci hanno imparato a dosarli, tanto che (dato Efsa, Agenzia Ue) in Italia gli standard qualitativi sono altissimi, frutto di un sistema di regole e di controlli estremamente severi ed efficaci, nonché di un impegno dell’agricoltura italiana verso una maggior attenzione per la difesa del consumatore e della tutela ambientale. Inoltre, con il Consorzio Obbligatorio Oli Usati (COOU) in un trentennio sono stati raccolti 5 milioni di tonnellate di olio usato avviandolo alla rigenerazione e facendo risparmiare al nostro Paese importazioni di petrolio per oltre tre miliardi di euro.

Tuttavia, i rifiuti che insozzano le nostre campagne, secondo Il Sole 24 ore nel nostro Paese per il riciclo con il suo 46% circa “avanza piano“, essendo stato fissato dall’UE l’obiettivo del 50% entro il 2020. Un po’ più soddisfacente sarebbe la situazione per i sottoprodotti dell’agricoltura, dell’allevamento e della attività forestale (per esempio la lolla e i sottoprodotti del riso) che trasformati in energia crescerebbero ogni anno del 15%. Invece (dati richiamati dell’ISTAT) i rifiuti che inquinano le città e la campagna crescerebbero del 45,2%, con una impennata del 10,5 circa per quanto riguarda i terreni agricoli.

Prendendo spunto da quanto visibilmente è disseminato nelle nostre aree agricole, risaie comprese, il Progetto Cartesio facente capo al Gruppo Abele di Torino, fondato da don Luigi Ciotti, ha redatto un memorandum sui rifiuti abbandonati sui territori agrari i quali riguarderebbero in ogni caso la risaia. Le cifre ipotizzate, sarebbero relative alla città ma anche ai terreni produttivi, cifre che dovrebbero far meditare. Infatti, per il dissolvimento nel tempo della cartaccia abbandonata occorrono tre mesi, 10/11 anni per le lattine, 1000 anni per i sacchi di plastica. Troppo perché il territorio ritorni effettivamente pulito, libero da inquinamenti e al massimo produttivo

rifiuti

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