Stretto nella morsa tra impreviste gelate e concorrenza straniera che non dà tregua. Adornino Scacchi di Oleggio, in provincia di Novara, che con i suoi 4 mila alverari può definirsi uno dei re dell’apicoltura italiana, guarda sconsolato le acacie nella Valle del Ticino fiorite anzitempo, lasciando credere che questa volta, il 2017, sarebbe stata la stagione del riscatto dopo quella del 2016 già passata agli annali come la peggiore di questo Millennio e del secondo Novecento. Invece la fioriutura delle acacie ha subito una brusca interruzione, anzi una doccia gelata, nel senso più autentico del termine. Le basse temperature che si sono abbattute sul Nord Italia, hanno causato danni a tutti i comparti agricoli e non è sfuggito il settore apistico. In Piemonte sono state colpite maggiormente le zone dell’Astigiano e dell’Alessandrino. Scacchi è ottimista e dice che non tutto è perduto, che basterebbe il ritorno al bel tempo per invogliare le sue 70 mila api a uscire dagli alveari e posarsi su quei fiori per riprendere il lavoro di impollinazione.
Certo è che bisogna avere coraggio dopo che nel 2016 era andata perduta in tutta Italia, a causa di condizioni meteo avverse e anomale, oltre il 70 per cento della produzione.
Eppure il miele non è mai mancato sugli scaffali, i consumatori non hanno subito restrizioni o contingentamenti. Come è stato possibile? Semplice, al posto del miele Made in Italy è stato venduto quello proveniente da altri paesi, Cina, Romania e Ungheria in testa. Qualche cifra: nel 2015 sono arrivati dall’estero 23 milioni e mezzo di chili, nel 2016 le importazioni sono cresciute del 13 per cento e questa tendenza pare inarrestabile tanto che ora il miele straniero supera quello italiano.
Insomma i circa 50 mila apicoltori italiani (oltre un milione di alveari) non bastano più per contrastare l’assalto dei competitori che invadono il mercato a prezzi concorrenziali, impossibili da sostenere da parte dei nostri produttori.
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