Contromossa dell’industria risiera italiana per arginare in parte l’import di prodotto straniero e trovare nuovi sbocchi di mercato. L’Airi (Associazione industrie risiere italiane) sta lavorando per arrivare alla firma di un protocollo Italia-Cina per aprire le nsotre esportazioni in quel Paese di riso da risotto. Lo dice Mario Francese, ad di Euricom e Curti con sede a Valle Lomellina (Pv), il più importante gruppo risiero italiano, appena rieletto alla presidenza dell’Airi: “Nonostante le concessione dell’Ue al Basmati indiano, le nostre esportazioni in Cina sono penalizzate da un dazio ad valorem del 70%. Si sta chiedendo che non siano più considerate nuove concessioni senza che vi sia una reciprocità di trattamento pe il nostro export. Inpoltre stiamo premendo sulla Commissione Ue affinché la Turchia applichi un contingente di importzione di 28 mila tonnellate a dazio zero, fino aoggi non utilizzato”.
Durante L’assemblea dell’Associazione, che ha rieletto Francese alla presidenza per il prossimo biennio sono state decise anche le altre cariche: vicepresidente confermato il Giovanni Vignola, titolare della Riseria Vignola di Balzola (AL), consiglieri Marco Invernizzi, Riccardo Preve, Valentina Scotti, Giuseppe Testa, Nicola Viazzo, tesoriere Stefano Martinotti.
L’assemblea dell’AIRI ha valutato i principali problemi che condizionano le sorti del settore, molti dei quali da tempo sul tavolo, per cui ecco la decisione di confermare la governance della associazione che deve dare continuità alle azioni svolte.
“L’industria risiera italiana ha fatto importanti investimenti nell’ultimo decennio, per rafforzare e consolidare i propri mercati di sbocco, in un trend di aumento dei consumi nazionali ed europee. – aggiunge Francese – La congiuntura di mercato, resa delicata dall’esponenziale aumento delle importazioni, particolarmente in Nord Europa, di riso asiatico a dazio zero, senza l’adozione di misure che regolamentino le importazioni dai Paesi Meno Avanzati, rischia di avviare il settore verso un potenziale declino. Noi stiamo denunciando questa situazione da oltre tre anni, evidenziando la necessità di regole che regolamentino le importazioni da quei Paesi. Oggi questi rischi vengono denunciati con forza anche dalle organizzazioni agricole. Oltre all’indispensabile sostegno politico, ogni operatore della filiera può e dovrebbe esprimere il proprio disappunto rispondendo ad una consultazione pubblica recentemente diffusa dalla Commissione Europea sul tema delle concessioni ai Paesi Meno Avanzati. Sarà necessario che tutte le istituzioni, pubbliche e private, operanti nel settore si facciano collettori delle risposte degli operatori economici per far arrivare a Bruxelles un forte segnale di preoccupazione, segnale che ad oggi non è ancora arrivato”.
Altro tema da sviluppare – sotolinea il presidente – riguarda il decadimento della qualità di buona parte della produzione di riso nazionale, dovuta anche all’utilizzo di seme auto-prodotto, a causa anche dell’alto prezzo del seme certificato. In progetto l’approfondimento delle norme che regolano il regime delle sementi e un confronto con le società sementiere e l’Ente Nazionale Risi, oltre che le Organizzazioni Agricole.
Ma a che punto sono i consumi in Italia?
Francese: “Negli ultimi cinque anni sono aumentati di circa il 25%, una cifra passata quasi inosservata. Una spinta è arrivata dalla presenza di immigarti, ma soprattutto dai derivati di riso. In queto senso l’industria di trasformazione, con i numerosi prodotti da colazione, quelli salutistici (ol gluten free è una tendenza sempre più diffusa), sta contribuendo ad innalzare le quote del consumo pro capite”.
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