di Enrico Villa
Il riso on-line? Non importa se Carnaroli, Roma, Baldo o Maratelli. Ormai sulle reti web è così chiamato. E, poi, dietro questa scritta , tutte le spiegazioni del caso: storiche, sulle varietà, sulle bontà dietetiche del cereale. La diffusione di questa vetrina elettronica è stata lenta. Ma poi si è imposta, non solo nelle grandi industrie che ricorrono ad Amazon o al cinese Alibaba, ma nelle riserie minori che, fino a qualche tempo fa, si accontentavano di apporre, fuori della loro sede, la scritta vendita di riso. L’impennata si è registrata in questo periodo di vigilia delle feste natalizie e di capod’anno. Scorrendo il web ci si imbatte in una cinquantina di ditte specializzate in riso e in altri alimenti situate nella Baraggia Vercellese e Biellese, in Lomellina e nel Pavese, o in altri luoghi della Pianura Padana come Isola della Scala e nel Ferrarese. Le stesse indicazioni merceologiche, in una vetrina non elettronica non riuscirebbero a essere convincenti grazie al prezzo commerciale cancellato e, sotto, l’ autentico conveniente prezzo di vendita.
Partendo dal riso, il ricorso alle “vetrine elettroniche” si sta diffondendo per gli alimenti di pregio che non si trovano più nei negozi tradizionali e che propongono “pacchi dono” nei quali, con il riso figurano salumi, vino, dolci. E che per il cereale i proponenti precisano: a base di riso, senza glutine. Il fenomeno interessante, è confermato da istituti di marketing che hanno promosso convegni qualificati nel 2016 e che altri ne organizzeranno nel 2017. Uno specialista tuttavia rileva che i prodotti made in Italy continuano a soffrire di una restrizione geografica, aggiungendo: il food italiano deve trovare una strategia multicanale per poter uscire dai propri limiti geografici.
E’ quanto deve fare riflettere per cui l’agroalimentare deve prendere in considerazione la progredita logica globale del commercio e della vendita rapida dei prodotti. Per primi hanno iniziato gli americani con Amazon e ebay diventati un servizio per le aziende e per i consumatori. Poi la diffusione delle applicazioni informatiche ed elettroniche ha fatto il resto. Le ricerche periodiche corredate di grafici hanno indicato che le vendite agroalimentari vanno di pari passo con la diffusione e l’uso di telefonini, computer deskop che ogni impresa ha nei propri uffici, laptop (portatili), tablet, smartphone. E l’analisi conferma anche i target e le propensioni dei consumatori: dai 18 ai 29 anni, dai 30 a 39, dai 40/a 49, dai 50 a 64, dagli oltre sessantacinquenni in relazione alle diverse apparecchiature e applicazioni informatiche. Sorpresa? Il 58% dei giovani ha in casa un desktop computer che serve per acquisti, ma anche il 65% degli ultrasessantacinquenni con una accettabile istruzione media. La “situazione statistica”, ai fini della vendita degli alimenti, diventa ancora più nitida relativamente ai social per le donne o per gli anziani: il 42% ricorre a Lankedin, il 37% a Facebook, il 37% a Youtube e, via elencando, a Twitter, Instagram, Finterest. In Europa per le vendite di generi commerciali, fra i quali appunto il riso, il consumatore italiano è ancora in una posizione debole. Infatti, i primi sono gli inglesi con 597 milioni annui di euro, poi i tedeschi con 588 milioni e i francesi con 558 milioni. In Italia, nel 2016 l’e-commerce ha finalmente toccato i 512 milioni di euro, l’anno scorso i 510 milioni, nel 2014 solo i 58 milioni, cioè ancora lontani dallo sviluppo che sarebbe venuto successivamente. Però, nel frattempo, lo scenario è rapidamente mutato con la conseguente apertura di centinaia “vetrine elettroniche” accessibili da casa, con la possibilità anche di valutare attraverso i cataloghi in video la merce e le notizie basilari .
Infatti la lunga e inarrestabile marcia dell’e–commerce è incominciata con Amazon, che si interessa formalmente del comparto alimentare dal settembre 2015 nonché con ebay. Tuttavia un vero boom, in Italia certificato recentemente da Il sole 24 ore e da Panorama, è avvenuto con la “lunga marcia globale” della piattaforma cinese Alibababa fondata da Jack Ma e ora con circa 430 milioni di clienti. Il signor Ma, un tempo insegnante di inglese, ha “gettato” un solido ponte con il mercato cinese costituito da 600 milioni di consumatori. Il suo fatturato (dati primo semestre 2016) nel 2015 è stato di 485 miliardi di dollari, con un incremento nell’anno in corso del 55% rispetto all’anno precedente. In un solo giorno Alibaba ha venduto macchine costose di grande cilindrata, mele, latte, frutta secca e miele di importazione che insidia quello europeo. Adesso per gli alimentari le centinaia di vetrine elettroniche di Jack Ma si preparano ad attrarre l’Europa e l’Italia, in realtà con gli ordini che in genere sfuggono al controllo facendosi beffe del riso italiano che, a causa di quello del sud est asiatico, fa soffrire le nostre quotazioni. E’ vero? Le nuove regole sulle etichettature nella UE, in vigore dal 16 dicembre, stabiliscono norme precise anche per il web . Ma sarà così, oppure in termini di globalizzazione elettronica, Alibaba eluderà anche le regole europee e italiane? Senza adeguamenti legislativi e commerciali il dubbio rimane. Forse con danni rilevanti per il nostro agroalimentare non ancora adeguatosi.
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