La Risicoltura: un grande avvenire dietro le spalle? Il titolo del convegno, organizzato da Confagricoltura di Novara, Gruppo Deutsche Bank, Finanza & Futuro, in collaborazione con l’Accdemia dei Georgofili, alla fine si è privato dell’interrogativo, perchè rappresenta una certezza. La risicoltura del futuro, infatti, guarda con occhi diversi rispetto a quel 1931, anno in cui il sen. Aldo Rossini fondò l’Ente Nazionale Risi. Ma nel giorno dell’85° compleanno emergono molte analogie con quei giorni di difficoltà, segnati da ribasso o stagnazione dei prezzi, concorrenza e incertezze. Proprio come oggi. La storia del settore risicolo è stata tracciata dal professor Dario Casati, ordinario di Economia alla Facoltà di Agraria di Milano, che ha ripercorso le origini: <Nel 1931 si coltivavano 150 mila ettari con una produzione di sei milioni di quintali. Oggi l’Italia è la piccola Asia del riso europeo, siamo l’ottavo esportatore mondiale>.
Alberto Cirio, europarlamentare: <In Ue il riso purtroppo è considerato merce di scambio negli accordi internazionali. Ad esempio se uno Stato membro vuole vendere farmaci in un Paese del Sudest asiatico con poche risorse economiche, occorre mettere in condizioni quella popolazione di avere disponibilità, comprando il loro riso. Dobbiamo farci ascoltare di più, se il riso si producesse in Baviera, la situazione sarebbe molto diversa. La richiesta della clausola di salvaguardia contro l’import è stata troppo timida, così come occorre fare molto di più per promuovere il made in Italy>.
La sen. Elena Ferrara: <Chiediamoci se effettivamente questi accordi vanno a beneficio dei Paesi meno avanzati. Alla fine chi si arricchisce? Quei Paesi sono soltanto intermediari e noi nonstiamo aiutando quelle popolazioni. A Bruxelles il ministro Martina si è espresso con azioni forti, ma il settore riso va ascoltato di più nel nostro Paese, che non conosce la storia del riso. Occorre rafforzare l’aspetto della promozione, i consumatori non sempre dispongono di satrumenti di conoscenza, non abbiamo saputo contaminarli. Viceversa il consumo pro capite di 5 chilogrammi potrebbe diventare 10-15>.
Piero Garrione, past president Ente Risi (è rimasto alla guida oltre 15 anni): <In quelperiodo furono costruite tre riforme Pac, il settore attraversò un momento d’oro ma il sistema agricolo non seppe sfrutarlo fino in fondo, all’insegna dell’ognuno per sé. oggi tutto è cambiato, con la globalizzazione ce la faciamo a stento e non sappiamo dove ci porterà la sostenibilità ambientale, insomma abbiamo le gomme a terra>.
Paolo Carrà, presidente in carica dell’Ente Nazionale Risi: <La risicoltura ha un futuro alle spalle, ma è molto diverso. Oggi siamo otto volte superiori alle altre produzioni agricole. Nel ’31 la produzione era di 4 ton/ha, oggi 6,5. Significa che la ricerca ha influito molto, anche se lo scenario è cambiato negli ultimi anni, perché siamo passati da una Unione a 10 all’attuale a 28 Paesi. Dal ’31 a oggi l’Ente Risi ha avutoil merito di far conoscere la specificità del riso in Italia e in Europa. Non è una cosa scontata: molti direttori di generali dei Dipartimenti a Bruxelles si sono sorpresi del fatto che l’Italia producesse riso. In questi ultimi anni vanno sottolineati alcuni aspetti positivi conquistati: il settore risicolo considerato greeningconforme, in seguito a un tipo di azione che ha anticipato il problema. Un altro punto a favore è l’aver portato a casa l’aiuto accoppiato, un miracolo. La promozione: un’occasione persa negli anni passati. A proposito, abbiamo bisogno che il Governo ci faccia uscire dai limiti di spesa imposti dalla spending review, con 10 mila euro a disposizione non andiamo molto lontano. Il futuro? Non spaventiamoci per gli accordi internazionali che sono all’orizzonte, se sapremo condurre un gioco d’attacco senza sguarnire la difesa. I marchi? Molto importanti tutti, ma ci stiamo chiedendo se quello italiano può diventare unico. Poi abbiamo bisogno della collaborazione da parte della grande distribuzione>.
Il convegno, moderato da Gianfranco Quaglia, direttore di Agromagazine, è stato aperto da Paola Battioli, presidente di Confagricoltura Novara e Vco. Conclusioni di Mario Guidi, presidente nazionale di Confagricoltura, che denuncia l'<assoluta incoerenza delle organizzazioni agricole>. Una divisione che non consente di affrontare il problema in modo unitario. Poi: <Ciò che è cambiato in Europa è il disimpegno da parte dell’Ue nei confronti dei mercati. Da parte nostra stiamo ragionando su nuovi concetti, attraverso il Forum Europe, un organismo che punta a un’agricoltura che non passi solo attraverso i contributi. Cu salveranno la ricerca e l’innovazione. Intanto stiamo anche spingendo affinché la Pac non termini nel 2020 ma due anni dopo, in attesa di chiedere una nuova Pac con modalità diversa dagli accordi con i Paesi Terzi, per far sì che non pesi più sulle nostre teste. Il passato ci serva da esperienza, il futuro dipende sempre da noi>. Sono intervenuti anche il consigliere regionale Mimmo Rossi, iil consigliere provinciale Giuseppe Cremona, oltre a Giorgio Antonietti, Group Manager di Finanza & Futuro e Francesco Piraino, responsabile area di Nordea Investment Funds S.A.
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