Più corte e parsimoniose, con gli agriturismi ancora in testa alle preferenze. Così le vacanze degli italiani in questo agosto 2016. Ma qualcuno ha dovuto o voluto rinunciarvi, per necessità o scelta. Accade anche per molti anziani, soprattutto nel mondo rurale, dove la presenza estiva nei cascinali e nei paesi è determinata dalle esigenze dell’attività (basti pensare agli allevamenti) o anche da una tradizione consolidata. Ci sono borghi padani che in estate sembrano immobili, distesi nella pianura come un vecchio addormentato, per dirla con il brano de I Ricchi e Poveri. Ne abbiamo visitato uno. E’ Villata, provincia di Vercelli e diocesi di Novara: paese dalla doppia anima, ma dal dna solido e forte. In estate, come tutti i comuni rurali, si prosciuga degli ultimi giovani perché anche qui – ha ragione Paolo Conte – i pomeriggi sono troppo azzurri e lunghi per resistere alla tentazione di correre in autostrada e fiondarsi al mare. A presidiare la piazza, un cortile, i campi, sono rimasti in pochi. Come l’ex sindaco Umberto Uga, che alla vigilia degli 81 si rigenera ogni giorno con progetti e guarda oltre. Ad esempio promuovendo la coltivazione della Fasola di Villata, <Phaseolus Vulgaris>: si sta arrampicando sugli stocchi del mais in un campo messo a disposizione da un agricoltore che ha sposato il sogno di Umberto e lo vuole tradurre in pratica. Quasi un ettaro, ma tanto basterà per proseguire la specie e salvare questo <functional food> (cibo funzionale) proprio nell’anno dedicato dall’Onu ai legumi. La fasola ha già ottenuto il riconoscimento Pat (prodotto agroalimentare tradizionale) e aspira al podio di Slow Food.
Umberto non racconta soltanto di fagioli: la sua narrazione ricrea tempi, rumori e ritmi che soltanto l’immaginazione può ancora avvertire. Come il suono della domenica che sembra ancora invadere la piazza e le vie di questo paese circondato dalle risaie e accoccolato attorno al castello. La partitura era semplice: alle 12 meno un quarto i rintocchi della campana scandivano il momento del Sanctus nella chiesa dedicata a Santa Barbara. Subito dopo scattava, come una mitragliatrice, il rito della battuta di lardo sui taglieri: a finestre aperte, quel ticchettio del coltello che preparava il soffritto per il riso invadeva il paese. Pochi minuti, non si poteva sgarrare sulla tempistica. Nel giro di mezz’ora uomini e figli sarebbero arrivati affamati dalla chiesa e il risotto, la <panissa>, doveva essere servito, naturalmente con tanto di fagioli di Villata.
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