di Enrico Villa
L’Associazione di irrigazione Est Sesia di Novara, fondata dall’ingegner Giuseppe Garanzini nel 1923, ha uno sviluppo di canali di poco superiore ai 9 mila chilometri, 200 “salti” d’acqua da cui si ricava energia “pulita” e che gestisce 38 centrali le quali servono agricoltura, industria e servizi. Questi, sono i dati principali cui è fatto riferimento nella “ampia scheda illustrativa” della Associazione che, assieme alla Associazione di irrigazione Ovest Sesia, gestisce la coutenza Canali Cavour, un tempo controllato direttamente dal ministero delle Finanze. L’Associazione di irrigazione Est Sesia ha due precedenti storici illustri che, a suo tempo, hanno contribuito a risolvere il problema dell’irrigazione in una vasta piana risicola costituta da Piemonte e Lombardia: l’Associazione di irrigazione Ovest Sesia fondata da Camillo Cavour nel 1853 e il grande canale dalla Dora Baltea, dai pressi di Chivasso a Novara, inaugurata il 12 aprile 1866 e intitolata allo statista “tessitore” dell’Unità italiana.
Quanto importi l’acqua per uso irriguo per la nostra agricoltura, è stato evidenziato una volta di più il 3 luglio a Bologna, per iniziativa di Confagricoltura con l’intervento delle principali regioni a statuto ordinario della Pianura Padana, l’Università di Milano e l’Università Bocconi. Nella circostanza, assai importante, la relazione di Mario Guidi presidente di Confagricoltura che, in relazione al patrimonio irriguo e idraulico da difendere in funzione principalmente del settore primario, ha insistito su tre aspetti, tutti altrettanto importanti: sicurezza sociale, sicurezza alimentare ed effettivo equilibrio territoriale grazie alla corretta gestione delle risorse irrigue che richiedono continua applicazione dei piani strategici nonché sistematici investimenti. In proposito, come anche a suo tempo la pianura risicola storicamente aveva fatto con associazioni Est e Ovest Sesia, Canale Cavour e altri canali, Mario Guidi ha fatto notare: “Abbiamo la necessità di rispettare i tempi fissati dall’UE al fine di mettere a disposizione degli enti irrigui le risorse previste dal programma nazionale di sviluppo rurale e degli agricoltori quelle previste dai programmi regionali. Bisogna però evitare – ha proseguito il presidente di Confagricoltura – ulteriori appesantimenti burocratici ed economici sulle imprese agricole, prevedendo l’installazione dei misuratori solo nei casi strettamente necessari, come quantificare i costi dell’acqua tenendo conto anche dei servizi ecosistemici che gli agricoltori apportano alla collettività con benefici per l’ambiente”. E dovremmo anche aggiungere: per l’economia territoriale, anche adoperando l’acqua come elemento fondamentale da trasformare in energia.
Nell’ampio contesto tracciato da Mario Guidi rientra la Nuova centrale idroelettrica di Ivrea entrata in esercizio il 10 settembre 2015 e descritta in un articolo da Enzo Faraci ( pubblicazione Est Sesia, gennaio 2016, n.118). Con un “salto” che sfrutta la turbina Kaplan, in realtà utilizzando la “potenza energetica” delle acque della Dora Baltea e con una sistemazione geologica dell’area risalente al periodo Messineo (fra i 5321 e i 7246 milioni di anni fa) questa centrale, gestita al 50% da Est Sesia e da un’altra società, si aggiunge alle altre 38 generatrici di energia elettrica a disposizione di agricoltura, industria e altre attività economiche dell’area. Essa, comprendendo Piemonte e Lombardia con una estensione di più di 300 mila ettari, è collocata da Enzo Faraci in un tessuto storico assai interessante. Da questo stesso tessuto storico si deduce che senza riferimenti storici, anche l’idraulica e la tecnologia più avanzate (ndr: secondo l’insegnamento di Sergio Baratti, già direttore generale e storico dell’Est Sesia) i precisi richiami storici non assumono il giusto significato. E parlando della “Centrale di Ivrea“, che Faraci ha seguito nella sua realizzazione tecnica, egli racconta cose affascinanti che anche spiegano l’importanza del Naviglio di Ivrea, che in parte costeggiando la statale 11 Torino-Milano si spinge nel cuore della risaia vercellese. La zona anticamente era stata colonizzata dai Salassi, popolo del Nord di origine celtica, che nel 143 avanti Cristo, batterono clamorosamente i romani conquistatori di Appio Claudio Pulcro. Secondo gli storici i Salassi, cercatori di oro, pietre preziose e rame avevano un contenzioso aperto con Roma perché pretendevano di deviare i corsi d’acqua allo scopo di facilitare le loro ricerche. E, forse, anche misero le basi originarie per il Naviglio d’Ivrea o Naviglio del Sale grazie a cui era facilitato il commercio con la vicina Valle d’Aosta (ndr: storicamente i Salassi avrebbero fondato Aosta) e di cui con un sopralluogo si occupò anche Leonardo da Vinci. Poi, finalmente, i duchi di Savoia avviarono l’opera del Naviglio di Ivrea che, con un atto pubblico, fu consentito da Amedeo IX che per i suoi trascorsi sociali nel 1678 fu beatificato (Amedeo IX: 1425/1472, morto a Vercelli dove si era ritirato, scarsamente interessato ai problemi del suo Stato. La realizzazione del Naviglio del Sale, che anche aveva tracciato una strada con diverse stazioni di posta, fu poi completata da Jolanda di Savoia (1434/1478) donna energica e decisa, dagli storici anche meglio citata come Violante di Francia. Negli oltre cinque secoli successivi, il Naviglio del Sale è diventato sempre più importante per la risaia, anche comprendendo una centrale energetica moderna ma che “non sporca” l’ambiente, grazie agli elementi che generosamente nell’ambiente regala la natura.
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