Gente di Razza 77 non rottama il riso venuto dal passato

di Gianfranco Quaglia

Domenico Bernascone e Fabrizio Rizzotti

Negli anni ’60 la superficie coltivata sfiorava i 5 mila ettari. Gradualmente è diminuita sino a 73 negli anni ’70. La denominazione è rimasta, Razza 77, ma di quella varietà storica si sarebbero perse le tracce se qualche irriducibile agricoltore innamorato e fedele non avesse rifiutato di arrendersi all’evidenza: quel riso ottimo per il classico risotto all’italiana in realtà si alletta facilmente, cioè è cedevole alle intemperie, difficile da allevare e accudire, lo stelo si piega al vento e alla pioggia, insomma può creare problemi durante la raccolta. Non vale la pena per produzioni intensive, d’altro canto i risicoltori possono orientarsi con facilità su un’offerta più ampia e variegata, meno problematica.

Così il Razza 77, nato nel 1941 all’Istituto varietale di Bologna da un incrocio Lady Wright-Greppi, è rimasto un cimelio per amatori ed è presente nella banca del germoplasma del Centro Ricerche Ente Risi di Castello d’Agogna (Pavia). Pochissimi appassionati conservano qualche sacchetto di sementi che a ogni primavera con pervicacia e ostinazione spargono nel tentativo di tramandare la specie. Avviene in questi giorni nella Bassa novarese, a Tornaco (Novara). Domenico Bernascone, assessore comunale, e Fabrizio Rizzotti di Vespolate, agricoltore presidente di Agrimercato (Coldiretti), hanno un sogno: rilanciare il Razza 77 e trasformarlo in un marchio ben definito, quantomeno in una bandiera che rappresenti il territorio. Sono determinati nella loro azione: con il seme concesso da due istituti, Ense e Cra, hanno deciso di riprendere la coltivazione di questo cereale appartenente al gruppo varietale japonica  e a quello merceologico superfino (quindi come il Carnaroli). A disposizione circa 180 chili di seme, la risaia è dell’azienda agricola Nai Oleari. Siamo al secondo anno di semina, ma questa volta Bernascone e Rizzotti vogliono andare oltre: legare il Razza 77 al territorio della Bassa novarese, che non possiede marchi di sorta, Dop o Igp. L’antico riso potrebbe diventare un volano, si sta pensando a un convegno per promuovere questa varietà insieme con un altro prodotto tipico della zona, il ramolaccio nero (rafanus niger).  A questa gente di razza non manca certamente la fantasia.

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