di Gianfranco Quaglia
Quasi quarant’anni (38 per la precisione) alla guida della più importante e numerosa associazione di categoria (oltre 4 mila iscritti), Assoenologi. Giuseppe Martelli lascia la direzione generale e non sarebbe una notizia se a compiere questo passo fosse un manager qualunque che cede la poltrona per un avvicendamento. Il fatto è che Giuseppe Martelli è figura sopra le righe, in questo caso sulle cantine e i vigneti.
Quel ragazzo di Galliate
La storia moderna del vino in Italia resta e rimarrà per sempre legata a lui. A quel ragazzo che negli Anni Settanta arrivava da Galliate (Novara), in riva al Ticino, dove la coltivazione del vino era solo un ricordo antico, il mondo della viticoltura deve molto, sicuramente il merito di aver saputo traghettare e trasformare un settore che da negletto e diffidato (come lo fu nella famigerata epoca del metanolo) è diventato punta di diamante dell’agroalimentare Made in Italy. Ecco perché il suo cambio di passo, a fine febbraio, non può passare inosservato e neppure rubricato fra gli avvicendamenti delle risorse umane.
Lo sa bene chi ha lavorato fianco a fianco, lo sanno i giornalisti che hanno avuto rapporti in tanti anni con il direttore, l’enologo, il docente, il comunicatore, l’uomo. Ha sempre saputo anticipare le domande e le richieste degli operatori dell’informazione, fornendo loro con garbo il punto di vista dell’Associazione, la cifra che oggi – grazie anche alla sua visione – contraddistingue l’enologo come fulcro di un prodotto di qualità e snodo indispensabile tra la poroduzione e il consmatore. Lo seppe fare anche quella sera difficile, del 1986, quando Enzo Biagi chiamò qualcuno del settore a «Il Fatto» perché spiegasse e giustificasse quanto era avvenuto, lo scandalo del metanolo e la scia di vittime che si portava dietro. Nessuno voleva esporsi, ci andò lui, Beppe. Mario Prevarin, già presidente di Assoenologi, nel suo saluto di ringraziamento ricorda che Martelli focalizzò le responsabilità della categoria e del settore con una frase: «Lo spartiacque tra quello che si può e non si deve fare è la legge, chi volutamente non rispetta le regole sia esso produttore, commerciante o tecnico deve essere pesantemente perseguito, affinché gli onesti non paghino per i disonesti». Fu il segnale che il comparto avrebbe cambiato registro. E così è stato. Da quel giorno in poi cominciò il Risorgimento del vino italiano, al quale Martelli ha contribuito in modo determinante collocando al centro il ruolo dell’enologo. Attraverso una poresenza costante e incisiva, il riconoscimento della professione a livello universitario. Lui, in prima persona, a battersi per quella causa che ha portato il prodotto a trainare la locomotiva dell’agroalimentare in tutto il mondo. Lui, esigente, rigoroso e autorevole, capace di coinvolgere la squadra con cui ha lavorato.
Regista e comunicatore
Numerose le tappe e i riconoscimenti: presidente dell’Unione International des Oenologues, gli incontri della categoria in Quirinale con tre Presidenti della Repubblica (Pertini, Scalfaro, Ciampi), e poi la presidenza del Comitato Vini del Ministero delle Politiche Agricole, incarico che continuera a svolgere sino al 2018. Storici ed entusiasmanti i congressi degli enologi, momenti di confronto sviluppati attraverso relazioni di esponenti del mondo vitivinicolo, ma anche medico, culturale. E poi la regia dei concorsi enologici, dal Banco di Torgiano a Vinitaly, ad altri momenti in tutte le regioni. Infine all’estero: oltre cento conferenze, chiamato e inviato con ruolo istituzionale a rappresentare il vino, da Tokyo a Pechino e New York. Ambasciatore senza feluca, ma con credenziali inconfuntabili: la capacità di trasmettere l’amore e l’entusiasmo per il made in Italy.
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