di Enrico Villa
A Giorgio Ferrero, assessore all’agricoltura del Piemonte, è stato inviato, con una lettera, un appello: si predispongano misure per proteggere e sviluppare la castanicoltura, una testimonianza nelle nostre Alpi di cultura della montagna e, perché no, della civiltà contadina. Nell’Ottocento specialmente, la farina di castagne ha assicurato alle popolazioni le proteine indispensabili per nutrirsi e sopravvivere. Ma c’è di più: la strategia del castagno, e della castagna, dovrebbe anche condizionare i piani di sviluppo rurale, predisposti dalla Regione Piemonte e approvati dalla Comunità Europea il 28 ottobre, già varato dal Consiglio Regionale nonché esaminati nella sua prima seduta dal Comitato di Sorveglianza.
Boccata d’ossigeno con il Psr
Nell’editoriale dell’ultimo numero di Agricoltura in modo più ampio – quindi non solo riferito al castagno e ai suoi frutti – Ferrero ha risposto, invitando a questa riflessione sui piani di sviluppo rurale: “La Regione Piemonte – ha osservato – concorre con 27 milioni all’anno il doppio dei contributi messi a disposizione nel passato PSR”. E ha aggiunto: “Si tratta di un finanziamento molto importante, non solo per l’agroalimentare, ma per l’intera regione. Rappresenta infatti un volano non solo per le imprese agricole e per i giovani agricoltori ma per l’intero territorio. Noi stimiamo che ogni euro investito crei un indotto di circa 20 volte superiore. In questo senso il PSR rappresenta davvero una grande boccata d’ossigeno”.
In riferimento ai boschi di castagno e alla sua coltivazione, le parole di Ferrero devono anche essere intese non solamente in maniera metaforica. In Piemonte, come sulle Alpi, in Svizzera e in Europa gli alberi di castagno (castanea sativa miller) assicurano aria più pulita e temperatura media non superiore a due gradi/3gradi come richiesto dal recente convegno di Parigi conclusosi a metà dicembre. Le chiome dell’albero divorano letteralmente anidride carbonica che con l’effetto serra sta determinando tanti guai ecologici. Inoltre boschi di castagno, collocati ad una altezza media in montagna fra i 350 e i 1000 metri, assicurano un paesaggio sempre più insidiato e che sullo stesso numero di Agricoltura in un suo articolo il ricercatore Enrico Gottero ha indicato come valore regionale da difendere e valorizzare.
Il cinipide galligeno
Tuttavia da un punto di vista naturalistico e economico, il castagno e il suo frutto, almeno dai primi anni duemila corrono non trascurabili pericoli. I produttori delle Alpi Occidentali confermano: come sta accadendo per tante specie vegetali da reddito, il castagno sta subendo l’aggressione di un terribile insetto e da altre patologie che provocano marciume danneggiando l’albero e la sua preziosa scorza ricca di tannino. Infatti l’insetto è il cinipide galligeno che lascia in ricordo sulla pianta placche mortifere. E come sottolinea Devia Revelli presidente di Coldiretti di Cuneo, la zanzara pestifera, ossia il cinipide galligeno, sta compromettendo la castagna di Cuneo che ha ottenuto l’igp comunitario, ogni anno conferendo anche molti contenuti ad una fiera dedicatale nonché ai suoi molteplici impieghi. La rassegna e la comunicazione specifica insistono su un altro aspetto: “i boschi di castagno, oltre ad assicurare l’equilibrio idrogeologico, garantiscono la biodiversità territoriale”.
La percezione del consumatore, soprattutto in Piemonte e in Lombardia per la castagna e le foreste da cui proviene e sempre stata dovuta solo alle proposte folcloristiche nei viali cittadini e ad un semplice alimento da forno: le caldarroste; e i castagnacci, fette di farina di castagne preparate dai panettieri. La tradizione del castagnaccio, che viene dalla civiltà contadina settecentesca e ottocentesca si è però quasi persa, soppiantata da altri cibi, o dolciumi. I venditori di caldarroste sono diminuiti dando questa giustificazione: le castagne sono troppo care all’origine e non ci tornano più i conti. Una delle colpe è attribuita al cinipide galligeno che ha fatto disastri nelle foreste in Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia e nelle regioni meridionali, come anche riferiscono i documenti predisposi dal Ministero dell’agricoltura. Ma anche conterebbe la concorrenza internazionale. Anni fa il nostro Paese era in testa alle classifiche con il 14%(30% sul bacino del Mediterraneo) che aveva collocato in minore graduatoria Turchia (29%), Portogallo (15%), Grecia (5%), Francia (9%), Spagna (9%). Poi si è messa a produrre castagne la Cina da cui la Castanea sativa miller è originaria, per cui lo scenario globale sta mutando. Anche per i derivati dell’albero: tannino impiegato nelle tintorie, foglie e altri componenti per pasticceria, l’industria farmaceutica e l’erboristeria. In parte i componenti pregiati occorrenti arrivano ormai dall’Oriente.
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