Rischio di default del settore risiero italiano (le industrie della trasformazione) e paventata fuga dall’Italia, per delocalizzare gli impianti nel Nord Europa, se l’Ue non interverrà per sanare una crisi annunciata da tempo, con il blocco delle importazioni di cereale a dazio zero dal Sudest asiatico. Non usa giri di parole Mario Francese, neo presidente dell’Airi (Associazione industrie risiere italiane) e ad di Euricom (il colosso del settore) nel rappresentare una situazione drammatica, irreversibile. E lo ha fatto anche con il viceministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, durante l’incontro insieme con il direttore Airi, Roberto Carriere. Nonostante l’interessamento di due ministeri (quello Economico e quello delle Politiche Agricole) per chiedere la clausola di salvaguardia, una barriera contro l’import di Cambogia e Myanmar, Bruxelles è rimasta sorda. «Per non perdere gli spazi faticosamente conquistati – ha detto Francese a Cslenda – l’industria italiana è costretta a importare riso Indica da Paesi extraeuropei, perdendo competitività rispetto alle industrie del Nord». Avanti di questo passo gli effetti da qui al 2016 saranno devastanti. Il presidente Airi prevede che l’offerta di riso japonica, quella maggiormente coltivata in Italia, sarà superiore alla domanda, deprimendo i prezzi e spingendo gli agricoltori ad abbandonare il riso per produrre altri cereali meno qualificati, spesso destinati ai biodigestori. «E così alcune industrie subiranno danni economici irreversibili, altre potrebbero delocalizzare nel Nord Europa. La riduzione di superficie a riso porterà a uno squilibrio idrogeologico di gran parte della pianura».
Ce n’è a sufficienza per sollecitare un intervento dell’Ue. Ma nell’incontro di Roma il viceministro ha fatto presente che il ripristino dei dazi all’importazione, strumento che bloccherebbe la concorrenza, potrebbe non essere accettata dalla maggioranza qualificata del Consiglio dei Ministri Ue. Tuttavia Calenda ha espresso l’intenzione di chiedere un intervento della Direzione Generale Trade che consenta un contingentamento nettamente inferiore di volumi attuali delle importazioni da Cambogia e Myanmar.
Nel dossier consegnato a Calenda il presidente rileva anche che non solo l’Ue ha ignorato gli appelli della filiera risicola italiana ed europea, ma che Bruxelles sta trattando per altre concessioni: «Solo il 7 luglio abbiamo appreso della possibili imminente chiusura del negoziato con il Vietnam, con un contingente a dazio zero di 80 mila tonnellate, di cui 30 mila di riso profumato Basmati, 30 mila di brillato (riso Indica lavorato) e 16 mila di riso non pulito (semigreggio). Questa prospettiva peggiorerebbe ulteriormente la situazione, non possiamo più sopportare altre concessioni».
E non finisce qui: «Sul tavolo della commissione – aggiunge il dossier Airi – vi sono altri negoziati rispetto ai quali il riso deve essere considerato sensibile. Come la Thailandia, gli Stati Uniti e l’India, tutti Paesi forti esportatori. A questi si aggiungono i negoziati con i Paesi Mercosur che nel loro insieme hanno un potenziale di esportazione di circa 2 milioni di tonnellate. E poi la concessione già in essere all’Egitto (81 mila tonnellate di lavorato e 22 mila di semigreggio), per fortuna sino a oggi non operativa in relazione al divieto di esportazione da quel Paese a causa della siccità.
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